Incentivi rinnovabili: Decreto FER, bonus per sostituzione amianto

Via libera informale dal Ministero dell’Ambiente alla bozza di Decreto Rinnovabili per i nuovi incentivi alle fonti energetiche pulite. È ormai questione di giorni, si parla di una data vicina al 14 settembre 2018, prima che il documento venga discusso pubblicamente e inizi così l’iter di approvazione vero e proprio. L’obiettivo del Governo Conte è quello di incentivate le energie più “mature” e in grado di offrire maggiore competitività sul mercato.

Nella bozza del nuovo Decreto Rinnovabili vengono attualmente indicate dal Ministero dello Sviluppo Economico come meritevoli di incentivi il solare fotovoltaico, l’eolico “onshore”, l’idroelettrico, la geotermia tradizionale, oltre ai gas di discarica e di depurazione. Gli obiettivi ministeriali dichiarati sono quelli di incentivare la riduzione dei costi relativi agli “Oneri di sistema” inseriti in bolletta e una maggiore efficienza in filiera per quanto riguarda l’approvvigionamento dei componenti.

Una prima importante differenza verrà operata sulla base della potenza per la quale si richiederà la concessione degli incentivi alle rinnovabili. Al nuovo sistema potranno accedere unicamente quegli impianti che rispetteranno i seguenti requisiti:

  • Nuova costruzione o ricostruzione integrale e successiva riattivazione, di potenza inferiore a 1 MW;
  • Impianti per i quali sia previsto un intervento di potenziamento, a patto che la differenza tra la differenza tra la nuova potenza installata e quella installata in precedenza risulti inferiore a 1 MW;
  • Impianti di potenza inferiore a 1 MW che siano oggetto di rifacimento.

Discorso differente per gli impianti di potenza superiore a 1 MW, per i quali sono previsti sistemi di aste al ribasso (con relativa calendarizzazione). In questo caso si procederà in maniera diversa a seconda delle fonti rinnovabili coinvolte: simile per eolico e fotovoltaico, discorso a parte per geotermia, idroelettrico e le altre ammesse agli incentivi.

Rimozione amianto

Incentivi in arrivo anche per chi deciderà di sostituire i tetti in amianto con coperture che prevedono l’installazione di moduli fotovoltaici, definiti attraverso l’articolo 8 – comma 1 del testo:

Impianti fotovoltaici i cui moduli fotovoltaici sono installati in sostituzione di coperture di edifici su cui è operata la completa rimozione dell’eternit o dell’amianto. La superficie dei moduli non può essere superiore a quella della copertura rimossa..

Per quanto riguarda invece la formula di incentivazione prevista le specifiche arrivano, sempre all’interno della stessa bozza del decreto, dall’articolo 7 – comma 10:

Gli impianti fotovoltaici di cui al gruppo A-2, hanno diritto, in aggiunta agli incentivi sull’energia elettrica, a un premio pari a 12 €/MWh, erogato con le stesse modalità e tempistiche degli incentivi sull’energia elettrica. Il Gse rende note le condizioni specifiche, anche relative alle corrette modalità di rimozione e smaltimento dell’eternit e dell’amianto, per accedere al premio. Il premio non è cumulabile con altri incentivi pubblici aventi analoga finalità.

Fonte: http://www.greenstyle.it/incentivi-rinnovabili-decreto-fer-bonus-per-sostituzione-amianto-251751.html

L’amianto in Italia. Legambiente presenta il dossier “Liberi dall’amianto?”

28 aprile Giornata mondiale vittime dell’amianto   In Italia l’amianto è ancora molto diffuso e continua a minacciare salute e ambiente, nonostante 26 anni fa sia stato messo al bando con la legge 257/92   Censite ad oggi 370mila strutture dove è presente amianto, di queste 50.744 sono edifici pubblici, 214.469 edifici privati  e 20.296 siti industriali Gravi ritardi su piani regionali amianto (PRA), attività di censimento e mappatura e bonifiche. Lo smaltimento rimane il tallone d’Achille   Legambiente: “Si ripristino gli incentivi per fotovoltaico al posto di eternit sui tetti”

A 26 anni dalla Legge 257/92 che ha messo al bando l’amianto, in Italia questa fibra killer continua ad essere ancora molto diffusa e a minacciare la salute dei cittadini e l’ambiente. A gravare sulle spalle del Paese, ancora sotto scacco dell’amianto, anche i ritardi legati agli obblighi di legge, e in particolare ai piani regionali amianto (PRA) – che dovevano essere pubblicati entro 180 giorni dall’entrata in vigore della legge e che mancano ancora in alcune Regioni – ma anche alle attività di censimento e mappatura, alle bonifiche dei siti contaminati, che procedono a rilento, e alle campagne di informazione e sensibilizzazione. A rendere chiara la situazione della Penisola sono i numeri e i dati raccolti da Legambiente nel dossier “Liberi dall’amianto?” sulla base delle risposte date dalle Regioni (15 su 21) al questionario inviato: sul territorio nazionale sono 370mila le strutture, dove è presente amianto, censite al 2018 dalle Regioni per un totale di quasi 58milioni di metri quadrati di coperture in cemento amianto. Di queste 370mila strutture, 20.296 sono siti industriali(quasi il triplo rispetto all’indagine del 2015), 50.744 sono edifici pubblici (+10% rispetto al 2015%), 214.469 sono edifici privati (+50% rispetto al 2015%), 65.593 le coperture in cemento amianto (+95% rispetto al 2015%) e 18.945 altra tipologia di siti (dieci volte di quanto censito nel 2015). Sono poi 66.087 i siti mappati dalle Regioni che hanno risposto al questionario (rispetto agli 88mila dichiarati dal Ministero dell’Ambiente), per un totale di oltre 36,5 milioni di metri quadrati di coperture. Di questi 66.087, 1.195 sono quelli mappati ricadenti in I Classe (quella prioritaria in cui bisognerebbe intervenire con maggior urgenza), erano 360 nel 2015. Di questi 1.195, 804 sono solo in Piemonte.

Di fronte a questa situazione, le procedure di bonifica e rimozione dall’amianto nel nostro Paese sono ancora in forte ritardo: sono 6869 gli edifici pubblici e privati bonificati ad oggi su un totale, ancora sottostimato, di 265.213 (tra edifici pubblici e privati). Il piano regionale amianto, previsto dalle L.257/92, nel 2018 deve essere ancora approvato in due regioni, il Lazio e la Provincia Autonoma di Trento. 13 regioni su 15 hanno dichiarato invece di averlo approvato, alle quali si aggiungono Liguria, Umbria e Toscana che già nel 2015 avevano dato l’ok al PRA. Resta indefinita la situazione di Abruzzo, Calabria e Molise che non hanno risposto. Le attività di censimentosono state completate da 6 Regioni su 15 (Campania, Emilia Romagna, Marche – solo per edifici pubblici e imprese-, Piemonte, Provincia Autonoma di Trento e Valle d’Aosta), mentre il 60% (9 Regioni su 15) ha dichiarato che è ancora in corso la procedura di censimento del territorio. La mappatura dell’amianto è stata realizzata da 7 amministrazioni (Campania, Emilia Romagna, Marche, Puglia, Sardegna, Valle d’Aosta e Provincia Autonoma di Trento). È ancora in corso in Basilicata, nella provincia autonoma di Bolzano, Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Sicilia e Veneto. Non risulta fatto nel Lazio. Stando ai dati forniti nel 2015, la mappatura risulterebbe completata anche in Liguria, Lombardia, Molise Toscana e Umbria, mentre era in ancora in corso in Calabria (che invece quest’anno non ha risposto). Non risultano dati per l’Abruzzo. Inoltre sono solo 10 le regioni che hanno inviato al Ministero dell’ambiente le informazioni richieste annualmente sulla presenza di amianto. Tallone d’Achille resta lo smaltimento dell’amianto, non sufficienti gli impianti di smaltimento presenti e previsti sul territorio.

È questa la fotografia scattata dal dossier “Liberi dell’amianto? I ritardi dei Piani regionali, delle bonifiche e delle alternative alle discariche”, realizzato da Legambiente a tre anni dall’ultimo report (2015) e presentato in vista della giornata mondiale delle vittime dell’amianto che si celebrerà il 28 aprile. Anche questa volta Legambiente ha inviato un questionario contenente sette domande – Piano Regionale Amianto, censimento e mappatura, stato di avanzamento delle bonifiche sul territorio regionale, monitoraggio, Impianti di smaltimento, costi e Incentivi, attività di formazione e informazione – agli uffici competenti regionali con l’obiettivo di tracciare un quadro della situazione attuale. Al questionario hanno risposto 15 tra Regioni e Province Autonome, mancano all’appello Abruzzo, Calabria, Liguria, Molise, Toscana e Umbria. Per questo i dati riportati nel dossier fanno riferimento al questionario ricevuto nel 2015. Quest’anno, inoltre, il dossier di Legambiente raccoglie anche un contributo dell’Istituto sull’Inquinamento Atmosferico del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IIA) che fa il punto sullo stato attuale delle tecnologie esistenti per l’inertizzazione dell’amianto, che sono le possibili alternative di smaltimento rispetto alla discarica.

Il quadro complessivo che emerge è abbastanza preoccupante, anche a livello sanitario. L’associazione ricorda che stando agli ultimi dati diffusi dall’INAIL, in Italia sono 21.463 i casi di mesotelioma maligno tra il 1993 e il 2012, di cui il 93% dei casi a carico della pleura e il 6,5% (1.392 casi) peritoneali, e oltre 6mila morti all’anno.  A livello regionale i territori più colpiti sono Lombardia (4.215 casi rilevati), Piemonte (3.560), Liguria (2.314), Emilia Romagna (2.016), Veneto (1.743), Toscana (1.311), Sicilia (1.141), Campania (1.139) e Friuli Venezia Giulia (1.006).

Per questo Legambiente torna nuovamente a ribadire l’urgenza e la necessità per l’Italia di agire attraverso una concreta azione di risanamento e bonifica del territorio, che passa attraverso la rimozione dell’amianto dai numerosi siti industriali, edifici pubblici e privati che ci circondano quotidianamente. Inoltre occorre ripristinare specifici incentivi per la sostituzione dei tetti con amianto con coperture solari, che non sono stati previsti nella bozza di decreto di incentivo per le rinnovabili presentato dal Governo. Si tratta di uno strumento molto efficace che in passato ha portato, ad esempio, alla bonifica di 100.000 metri quadri di coperture e oltre 11 MWp di impianti fotovoltaici installati e connessi alla rete in tutta Italia. Un intervento di questo tipo porterebbe un doppio vantaggio, sia per la salute delle persone sia per la produzione di energia pulita. Al Parlamento Legambiente chiede che si riprenda la discussione del “Testo Unico per il riordino, il coordinamento e l’integrazione di tutta la normativa in materia di amianto”, presentato nel novembre del 2016 al Senato e bloccato da due anni a Palazzo Madama.

“Dal dossier “Liberi dall’amianto?” – spiega Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – emergono tre questioni prioritarie – bonifiche, smaltimento e leva economica – che devono essere affrontate con la massima urgenza sia a livello regionale che nazionale. Occorre completare al più presto il censimento e la mappatura dei siti contenenti amianto, su cui definire le priorità di bonifica a partire dalle scuole in cui è ancora presente la pericolosa fibra. Il numero esiguo di discariche presenti nelle Regioni incide sia sui costi di smaltimento che sui tempi di rimozione, senza tralasciare la diffusa pratica dell’abbandono incontrollato dei rifiuti. Non è più sostenibile l’esportazione all’estero dell’amianto rimosso nel nostro Paese, per questo è importante provvedere ad implementare l’impiantistica su tutto il territorio nazionale. Infine occorre ripristinare e rendere stabile e duraturo il sistema degli incentivi per la sostituzione eternit/fotovoltaico, visti gli importanti risultati ottenuti in passato è assurdo che questo strumento sia stato rimosso”.

Tornando al dossier, lo smaltimento rimane l’altro anello debole della catena: le regioni dotate di almeno un impianto specifico per l’amianto sono solo 8 (erano 11 nel 2015) per un totale di 18 impianti (erano 24 fino a pochi anni fa): in Sardegna e Piemonte ce ne sono 4 (di cui uno per le sole attività legate al SIN di Casale Monferrato in Piemonte), 3 in Lombardia e 2 in Basilicata ed Emilia Romagna. 1 solo l’impianto esistente in Friuli Venezia Giulia, Puglia e nella Provincia Autonoma di Bolzano. Ad oggi gli impianti sono quasi pieni, le volumetrie residue comunicate con i questionari sono pari a 2,7 milioni di metri cubi (un terzo in meno rispetto ai 4,1 milioni di mc del 2015) e sarebbero a malapena sufficienti a smaltire i soli quantitativi già previsti, ad esempio, dal Piano Regionale della Regione Piemonte che stima in 2milioni di metri cubi i quantitativi delle coperture in cemento amianto ancora da bonificare. E non si vede la luce neanche per i nuovi impianti previsti dai vari piani regionali sui rifiuti: solo la Basilicata ha previsto 2 impianti da 100mila mc di materiale; Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte e Puglia non indicano un numero esatto di impianti previsti ma indicano la necessità di averne di nuovi nel proprio territorio.  Legambiente ricorda che secondo i dati di Ispra, nel 2015 nel nostro Paese sono stati prodotti 369mila tonnellate di rifiuti contenenti amianto (71% al Nord, 18,4 al Centro e 10,6 al Sud). Di questi, 227mila tonnellate sono stati smaltiti in discarica (sono prevalentemente “rifiuti da materiali di costruzione contenenti amianto” che rappresentano il 94,4% del totale dei materiali contenenti amianto smaltiti negli impianti), mentre 145mila tonnellate di rifiuti contenenti amianto sono stati esportati nelle miniere dismesse della Germania.

Sul fronte dell’informazione rivolta ai cittadini, “le attività di informazioni – dichiara Andrea Minutolo, coordinatore dell’ufficio scientifico di Legambiente – dovrebbero essere realizzate con maggior frequenza e capillarità nei territori anche perché, ad oggi, i centri regionali per l’amianto, che dovrebbero essere dei punti di riferimento a livello regionale sulla tematica, sono ancora scarsamente diffusi sul territorio, come emerge dalle risposte al questionario pervenuteci, in cui solo 6 Regioni dichiarano di avere strutture che in qualche modo svolgono questa funzione. Su una tematica così complessa e delicata non si possono, quindi, lasciare i cittadini da soli nell’individuazione della possibile presenza di amianto negli immobili e manufatti di proprietà; così come non possono essere lasciati da soli nella scelta del percorso di “bonifica” da intraprendere o nelle spese da sostenere”.

Attività di informazione e buone pratiche – Dal dossier di Legambiente emerge che attività di formazione e informazione rivolta invece ai cittadini risultano essere state fatte in 13 regioni e P.A (Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Sicilia, Valle d’Aosta, Veneto, P.A. Bolzano e P.A. Trento). Per quanto riguarda la formazione del personale tecnico (Asl, Arpa, medici del lavoro etc), programmi e momenti di aggiornamento sono stati redatti in 8 Regioni e 1 P.A: Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia (ogni 3 anni), Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Valle d’Aosta, Veneto e P.A. di Trento.

Infine l’associazione ambientalista nel dossier “Liberi dall’amianto?” segnala al riguardo alcune buone esperienze, come quella siciliana o pugliese, replicabili sul territorio. In Sicilia la Regione, nell’ambito del programma di interventi della regione siciliana 2016/2017 “Sicilia e consumatori: diritti e tutele”, ha promosso insieme a Legambiente Sicilia una campagna di informazione, sensibilizzazione e assistenza rivolta ai cittadini e ai consumatori sui pericoli per la salute e l’ambiente derivanti dall’esposizione all’amianto. Obiettivo: aumentare la consapevolezza sul fenomeno e le conoscenze circa gli strumenti per ridurre e prevenire i rischi dall’inquinamento da fibre d’amianto, a cui hanno lavorato anche altre associazioni territoriali come Movimento difesa del cittadino, Federconsumatori, Confconsumatori, Aduc funzione Sociale ed Omnia (http://www.liberidallamianto.it/ ).

In Puglia, invece, da alcuni anni è partita la campagna “Puglia eternit free”, la prima campagna regionale di informazione sul rischio amianto promossa da Legambiente Puglia – con il patrocinio dell’Assessorato alla Qualità dell’Ambiente della Regione Puglia e la collaborazione di Teorema Spa – mirata alla rilevazione statistica di amianto nelle aree urbane, industriali e agricole. L’obiettivo della campagna è quello di fornire ai cittadini gli strumenti per difendersi dalla fibra killer: per questo è stato attivato un numero verde (800 131 026) a cui cittadini ed enti si possono rivolgersi per richiedere un sopralluogo tecnico gratuito al fine di censire l’eventuale presenza di materiali e/o manufatti contenenti amianto e conoscere le opportune procedure per rimuoverlo riducendo l’impatto sulla salute.

 

Link dossier “Liberi dall’amianto?” https://www.legambiente.it/sites/default/files/docs/liberi_dallamianto_2018.pdf

Fonte: https://www.legambiente.it/contenuti/comunicati/lamianto-italia-legambiente-presenta-il-dossier-liberi-dall-amianto

La mappa dell’amianto in Italia. Marche e Abruzzo le regioni più inquinate ma manca la Calabria

Nel nostro Paese sono 33.600 i siti censiti e solo 832 quelli bonificati. La Mappa del Ministero dell’Ambiente indica le Marche e il versante adriatico tra le zone con maggiore concentrazione d’amianto ma mancano i dati della Calabria e di altre Regioni.

Messo al bando più di 20 anni fa, precisamente con la legge 257 del 1992, l’amianto continua ad essere presente in tutte le nostre città e a far paura. Questo materiale, chiamato ‘killer silenzioso’ perchè respirandone le fibre ci si espone al rischio di tumori mortali come il mesotelioma, è stato largamente usato per anni, in combinazione con il cemento, in quasi ogni tipologia di costruzione. Oggi si trova in molti edifici privati e pubblici delle nostre città: dai capannoni industriali ai tetti delle abitazioni private, per arrivare ad ospedali, scuole e perfino asili nido. Ma quanto amianto c’è ancora in Italia, dove si trova e a che punto è  la bonifica di quello che ad oggi è considerato il più pericoloso e diffuso agente cancerogeno ambientale?

In Italia ci sono 33.600 siti d’amianto
I dati del Ministero dell’Ambiente, che fanno riferimento al “Piano nazionale amianto”, indicano una situazione davvero allarmante e del tutto disomogenea: “In Italia sono 33.610 i siti di amianto, almeno quelli che si è riusciti a censire – come spiega Laura D’Aprile, funzionaria del Ministero dell’Ambiente – la maggior concentrazione si trova nelle Marche e nell’Abruzzo (il 50% dei dati totali, ndr) e in genere su tutto il versante adriatico. Ma il numero, già di per sè alto, preoccupa perchè non comprende i dati di una regione come la Calabria, dove da anni persiste un “black-out” di informazioni, e della Sicilia, di cui abbiamo dati solo parziali”. Il calcolo dei siti potrebbe quindi crescere vertiginosamente. Anche la Campania, che sulla mappa del ministero risulta una delle regioni più “pulite”, o il Lazio,  pur avendo inviato le informazioni al ministero mostra alcuni buchi rilevanti come, ad esempio, lo stabilimento ex Isochimica di Avellino o l’ex stabilimento Cemamit a Ferentino (FR) che non rientrano tra i dati censiti.

In Italia bonificati solo 800 siti su oltre 30mila
E se spaventano le concentrazioni d’amianto sul nostro territorio, messe a confronto con le bonifiche effettuate c’è davvero da far tremare i polsi: la mappa del ministero dell’Ambiente indica infatti che soltanto 832 del totale sono i siti bonificati, 339 quelli parzialmente risanati (con prime misure di messa in sicurezza con le risorse economiche disponibili) e ben 30.309 quelli dove ancora la bonifica non è neppure cominciata. La presenza di Eternit o di cemento-amianto coinvolge scuole (che per le Regioni hanno la priorità nei finanziamenti per la bonifica), tetti di edifici anche pubblici, ospedali, case di riposo, aree residenziali e industriali attive o dismesse (779 in totale). E anche qui la mappatura non è fedele alla realtà perchè c’è disomogeneità nei criteri di raccolta dati da parte delle Regioni e delle Province autonome – che entro il 30 giugno di ogni anno hanno l’obbligo di trasmettere i dati sulla presenza di amianto – nonostante le modalità di esecuzione della mappatura siano state concordate e definite a livello nazionale.

La legge c’è da 22 anni, perchè è così difficile bonificare?
“Questo delle bonifiche è un dato davvero irrisorio rispetto agli oltre 30mila siti dove è accertata la presenza d’amianto” spiega D’Aprile, responsabile del ‘Piano Nazionale Amianto’ per il ministero dell’Ambiente. “La causa di questo gap è semplice: ad oggi non esistono tecnologie in grado di trattare l’amianto che deve essere, per froza di cose, tutto smaltito in discariche dedicate”. “I costi, inoltre, sono molto elevati – aggiunge D’Aprile – si parla, in media, di centinaia di euro al metro quadro per la sostituzione di Eternit, ma variano da regione a regione”.

Quali le situazioni più allarmanti?
“Al nostro ministero arrivano ogni anno le richieste di finanziamento per la bonifica. – aggiunge D’Aprile – Quasi tutte le 20 regioni d’Italia hanno fatto richiesta per il risanamento dell’edilizia scolastica: se ne deduce che le nostre scuole pubbliche siano quelle a vivere la situazione d’emergenza più grave perchè è lì che si recano ogni giorno i nostri figli”.

Galletti chiede 360 milioni per i siti d’interesse nazionale da bonificare
Per i siti d’interesse nazionale da bonificare dall’amianto – Broni-Fibronit (PV), Priolo-Eternit Siciliana (SR), Casale Monferrato-Eternit, Balangero-Cava Monte S.Vittore (TO), Napoli Bagnoli-Eternit, Tito-exLiquichimica (PO), Bari-Fibronit, Biancavilla-Cave Monte Calvario (CT), Emarese-Cave di Pietra (AO) – il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti ha presentato una richiesta di quasi 360 milioni a valere sul Fondo sviluppo e coesione 2014-2020. Il numero totale delle discariche operative, nel 2010, che hanno smaltito rifiuti di materiali da costruzione contenenti amianto, sono 22 (10 al Nord, 4 al Centro e 8 al Sud). Anche qui si tratta di un numero irrisorio non in grado di far fronte ai milioni di tonnellate di materiale pericoloso che ancora non siamo riusciti a smaltire.

Il Piemonte la regione che smaltisce più Eternit 
Secondo l’Ispra, delle 90 mila tonnellate (90,2% del totale) di questi rifiuti smaltiti in discarica per rifiuti non pericolosi, circa 60 mila vanno nel Nord del Paese, poco più di 23 mila al Centro e 7 mila al Sud. La regione che smaltisce la quantità maggiore è il Piemonte, con oltre 39 mila tonnellate (39,3%). In questi ultimi tempi, a causa dell’esaurimento di queste discariche e la mancata costruzione di nuove, spiega l’Ispra, molti rifiuti sono stati esportati in paesi comunitari, come Germania e Austria.

Fonte: http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Dove-si-trova-amianto-in-Italia-1c6cbdf2-b0b7-4d7b-91c5-1475fbb9c9e7.html

Una legge per fermare la strage da amianto

Nonostante l’asbesto sia vietato dal 1992, nel 2016 ha causato 6 mila vittime. Se non si interverrà, saranno 54 mila da oggi al 2025, quando si raggiungerà il picco di mortalità

ROMA – La legge che lo vieta è del 1992 eppure il picco di mortalità deve ancora venire. L’amianto infatti è un killer di lungo corso: uccide provocando mesotelioma, cancro polmonare e asbestosi. In Italia ha fatto 6 mila vittime nel 2016, ma saranno 54 mila da oggi al 2025, quando si raggiungerà il picco di mortalità; e 100 mila nei prossimi 120 anni. Per fermare questa strage è stata proposta una legge. La norma, annunciata oggi in una conferenza stampa convocata dall’Osservatorio nazionale sull’amianto, prevede un credito di imposta per la bonifica e per la messa in sicurezza pari al 50% della spesa per le imprese e al 75% per i privati.

Tra i vantaggi prodotti dalla legge anti amianto ci sarebbero un’accelerazione dei consumi interni con conseguenze positive sul fronte dell’occupazione e la possibilità di evitare un forte esborso alla sanità pubblica. Il costo sociale medio di un malato di tumore è di 41 mila euro l’anno (se si aggiungesse il costo di un farmaco di nuova generazione si arriverebbe a oltre 100 mila euro l’anno). Secondo i calcoli dei promotori della legge, questo significa che il sistema sanitario nazionale dovrebbe affrontare una spesa complessiva pari a 400 milioni di euro annui, a cui si aggiungono le spese per prestazioni previdenziali ed assistenziali: un totale di 48 miliardi nei prossimi 120 anni, di cui circa 5 miliardi per i prossimi dieci anni.

Per evitare questo scenario occorre mettere in sicurezza i 40 milioni di tonnellate di materiali contenenti amianto sparsi in tutta Italia. L’amianto infatti è stato utilizzato massicciamente nella produzione industriale con scarsa attenzione per la sicurezza, determinando l’esposizione professionale a polveri e fibre di amianto di più di 3 milioni di lavoratori, e un’esposizione indiretta che ha convolto e continua a coinvolgere milioni di persone: oggi si trova nei tetti, nelle case, nelle scuole.

“Le stime che prevedono 54 mila morti entro il 2025 sono prudenziali”, dichiara Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio nazionale amianto. “E’ inaccettabile il sacrificio di tante vite umane, che si potrebbero salvare, a causa dell’inerzia delle autorità. Chiediamo uno scatto di reni da parte delle istituzioni”.

Fonte: http://www.repubblica.it/ambiente/2017/11/06/news/una_legge_per_fermare_la_strage_da_amianto-180413270/

Dal riciclo alla lotta ai cambiamenti climatici, le idee delle nuove startup “verdi”

Dalla macchina in grado di trattare rifiuti composti da amianto allʼacquario che produce fertilizzante naturale

Una macchina in grado di trattare rifiuti composti da amianto e di reinserirli nel processo di costruzione, un liquido naturale per la conservazione dei prodotti ortofrutticoli e un acquario che produce fertilizzante: sono alcune delle idee partorite da nuove startup italiane. Il loro intento è quello di contrastare i cambiamenti climatici, limitando gli sprechi energetici e l’inquinamento.

Tra le proposte selezionate da Ecomondo-Key Energy, l’evento sulla green economy in programma dal 7 al 10 novembre a Rimini, figura anche Graphene-xt, startup specializzata nella produzione di grafene, un innovativo materiale rivelatosi molto efficiente nel settore delle rinnovabili, e in particolare del fotovoltaico. Un team di giovani universitari, con base a Bologna, è riuscito in poco tempo a raccogliere 530mila euro di fondi attraverso un portale di crowdfunding.

Isolamento green – Nel campo dei materiali spicca Enerpaper, che produce bobine di isolante composte da cellulosa. Si tratta in pratica di una soluzione basata sull’utilizzo di comunissima carta al posto della più costosa e inquinante lana di vetro per l’isolamento termo-acustico degli edifici.

Conservante “bio” – Sul fronte alimentare, Green Code è una startup trentina che si propone di ricavare una sostanza liquida, un estratto naturale, ideale per la conservazione dei prodotti ortofrutticoli. Al momento gli sviluppatori stanno portando avanti una serie di test sulle mele, registrando un discreto successo.

Informatica ambientale – Punta ad introdurre pratiche di riuso nel settore informatico e della comunicazione la giovane azienda Green Idea Technologies, la prima società di consulenza ambientale informatica in Europa. Scopo della startup è ridurre l’inquinamento attraverso la valorizzazione di prodotti rigenerati e “ricondizionati”, ovvero portati a nuova vita. Una soluzione che potrebbe evitare alle aziende i frequenti usa e getta di telefoni e computer. Gli sviluppatori sono due giovani venezuelani trapiantati in Italia, insieme a colleghi di studio italiani, con base a Bologna.

Data-center senza server – Sempre dal capoluogo emiliano arriva anche la startup Cubbit, che si annuncia come il primo data-center al mondo che non possiede alcun server. I promotori promettono di superare i limiti del cloud tradizionale con notevoli vantaggi in termini di sostenibilità ambientale, performance, prezzo e anche di sicurezza dei dati.

Altre società propongono invece soluzioni per trasformare i cittadini in agricoltori e apicoltori urbani. Da Cesenatico arriva BEEing, una linea di prodotti per semplificare il lavoro degli apicoltori e migliorare la vita delle api, la cui sopravvivenza in Italia e nel mondo è messa a dura prova dalle attività umane. Il progetto consente anche di “allevare” gli insetti del miele sul balcone di casa.

Orthoponics si propone invece di promuovere la pratica dell’orto urbano attraverso forme acquaponiche e geodetiche, che sfruttano anche l’acquario dei pesci per produrre fertilizzante per piccoli orti. Composharing è invece un nuovo servizio per favorire il compostaggio domestico e di comunità.

AgroHTC è invece spacializzata nella carbonizzazione idrotermale: l’obiettivo è quello di realizzare macchine in grado di trasformare scarti organici, anche quelli con elevato contenuto di acqua, in risorse come biochar, energia, ammendanti e fertilizzanti. ALL Power Lab Italia, invece, sviluppa e vende gassificatori a biomassa, mentre Ice Cream Team è una piattaforma multiside per la ricerca scientifica e il turismo sostenibile.

Fonte: http://www.tgcom24.mediaset.it/green/dal-riciclo-alla-lotta-ai-cambiamenti-climatici-le-idee-delle-nuove-startup-verdi-_3104317-201702a.shtml

Bologna lancia il bilancio partecipato: per migliorare la città si vota online

Ventisette progetti, già vidimati dai tecnici comunali, si contendono finanziamenti per un milione di euro: si va dal ripristino di spazi abbandonati alle aree verdi, dalle scuole alle ciclabili

Un giardinetto al Porto-Saragozza potrebbe diventare un parco sensoriale

Si vota tra ventisette progetti, dai 30mila ai 130mila euro di costo. Si può scegliere di rimettere a posto le aree comuni delle case popolari di via dello Scalo (costo stimato 100mila euro), risistemare la Lunetta Gamberini (circa 130mila euro) o realizzare un’opera d’arte in ricordo delle vittime dell’amianto (35mila euro). Tra un mese, dal 7 al 27 novembre, per la prima volta i bolognesi potranno votare dal proprio smartphone per decidere come cambiare la città. O anche solo un pezzetto. I progetti tra i quali scegliere sono stati selezionati dai tecnici comunali, dagli ottanta emersi dal giro di assemblee nei quartieri, alle quali hanno partecipato 1.700 persone.

«Parliamo di progetti concreti, con studi di fattibilità alle spalle. Progetti voluti da persone vere, con soldi veri. In questo Paese non esiste solo il diritto alla protesta o all’indifferenza, c’è anche quello alla responsabilità», spiega il sindaco, Virginio Merola. Ogni quartiere avrà a disposizione 150mila euro, per un totale di un milione. Saranno scelti i progetti più votati, in ordine di gradimento, fino al raggiungimento del budget. Quindi a seconda del costo, si potrà trattare di uno, due o anche tre interventi a quartiere da realizzare nel corso del 2018.  La campagna elettorale è già iniziata, con passeggiate nei quartieri alla scoperta dei progetti candidati, feste, presentazioni e banchetti.  Per il 2019 la giunta ha già previsto un altro milione di euro, ma se questa prima votazione avesse molta affluenza il budget potrebbe aumentare.

I PROGETTI – L’elenco completo si trova sul sito del Comune, sezione “bilancio partecipativo” (http://comunita.comune.bologna.it/bilancio-partecipativo). Si tratta soprattutto di proposte per la manutenzione di parchi, con particolare attenzione all’accessibilità dei disabili, ma ci sono anche idee per la realizzazione di nuove ciclabili e per interventi di arte pubblica. In Cirenaica si può scegliere tra la riqualificazione del giardino dietro il dormitorio Beltrame, la costruzione di un nuovo centro giovanile recuperando i vecchi spogliatoi dell’ex palestra Giordani, realizzare una nuova ciclabile o recuperare le antiche teche etrusche di via Bentivogli. Al Navile si può riaprire uno spazio al piano terra delle case popolari di via Agucchi chiuso da dieci anni, riqualificare parchi o creare una zona col limite dei 30 km orari. A Borgo Panigale si possono riqualificare aree verdi oppure si può decidere di risistemare la rampa disabili e il muro della scuola d’infanzia Mazzini. L’unico quartiere con poca varietà è il Santo Stefano, dove, comunque vada, si finirà per risistemare l’area attorno alla Lunetta Gamberini, perché tutti e cinque progetti presentati la riguardano.

CHI VOTA – Potranno votare i maggiori di sedici anni, anche non residenti a Bologna. Basterà dichiarare di abitare, lavorare o fare volontariato in un determinato quartiere per votare un progetto che lo interessa. Ma attenzione: si potrà esprimere una sola preferenza.

COME SI VOTA – Per votare bisogna autenticarsi sul sito del Comune (sezione “Comunità”), registrandosi con nome e cognome, ma si può anche passare dai profili social. Per i meno digitali saranno allestiti anche dei punti di voto assistito all’Urp di piazza Maggiore, in Sala Borsa, nelle sedi di quartiere e banchetti durante i T-Days. «Questo è un primo esperimento – spiega l’assessore all’Immaginazione civica Matteo Lepore – ma il voto online potrà essere usato anche in altro modo, ad esempio per le petizioni».

Fonte: http://bologna.repubblica.it/cronaca/2017/10/07/news/bologna_lancia_il_bilancio_partecipato_per_migliorare_la_citta_si_vota_online-177609570/

Scuole in legno, Milano dà il via libera alla prima riqualificazione

Scuole in legno, Milano dà il via libera alla prima riqualificazione

Il progetto di riqualificazione dell’ex Istituto Cardarelli, chiuso per amianto nel 2012, punta su risparmio energetico, bioedilizia, tecnologia a basso impatto ambientale e ampie aree verdi.

Scuole in legno, Milano dà il via libera alla prima riqualificazione

Scuole in legno, Milano dà il via libera alla prima riqualificazione

Dall’amianto al legno. A Milano è iniziato il conto alla rovescia per la ricostruzione della scuola di via Strozzi, nel Municipio 6, che rientra nel novero delle sei strutture che saranno costruite ex novo di cui tre (Strozzi, Brocchi e Viscontini) interamente in legno. Con l’approvazione del progetto definitivo da parte della Giunta di Palazzo Marino, avvenuta lo scorso 17 giungo, si dà ufficialmente il via  allo sviluppo dell’esecutivo e al conseguente avvio dei lavori, previsto per questo autunno, che dovrebbero terminare entro la fine del 2018.

 

 

Green e hi-tech

Scuole in legno spazi verdi

Stando al progetto si punterà su risparmio energetico, bioedilizia, tecnologia a basso impatto ambientale, ampie aree verdi, spazi nuovi e diversi per favorire la socializzazione, l’insegnamento e l’apprendimento. La scuola- scrive il Comune- sarà funzionale ed innovativa, ideata per sperimentare un diverso modello scolastico e per innovare, insieme agli schemi didattici, anche quelli di aggregazione e di relazionalità a partire dai più piccoli.

 

Uno spazio multifuzionale

Il nuovo edificio, che darà seguito all’accordo stipulato nel 2014 tra il Comune e Federlegno, comprenderà vari laboratori, una palestra con spalti, un parco sportivo esterno, una biblioteca e un auditorium da 100 posti con accessi indipendenti dal corpo scuola, quindi accessibili anche dall’esterno. Sarà questo, infatti, il primo vero auditorium comunale del Municipio 6. Il progetto prevede anche possibili future espansioni, in caso si rendessero necessarie, quali una primaria e una materna integrate nell’area del parco.

Un investimento di 12 mlnd di euro

La scuola secondaria di primo grado ‘Cardarelli’ era stata chiusa per amianto nel 2012 e le sue 18 classi sono state trasferite da allora in via Scrosati. I lavori di demolizione e successiva ricostruzione sono andati a gara in due lotti distinti: conclusa la prima parte, prende ora ufficialmente il via l’iter di ricostruzione, che sarà in capo alla Damiani Costruzioni srl su progetto della ATIproject di Pisa, per un importo pari a 11,8 milioni di euro.

 

Fonte: http://www.casaeclima.com/ar_31717__Scuole-in-legno-Milano-.html

Ecobonus, Sismabonus, Industria 4.0: in arrivo proroghe agli incentivi

Segnali positivi dopo l’approvazione della nota di aggiornamento del Def. Nelle intenzioni del Governo anche ‘Scuola digitale’ e riforma del Catasto

Il Documento di economia e finanza (Def), approvato dal Consiglio dei Ministri, rivede al rialzo le prospettive di crescita e annuncia la riconferma degli incentivi agli investimenti delle imprese e delle detrazioni fiscali per i lavori di riqualificazione energetica ed edilizia. Previsto anche il completamento del piano nazionale “Scuole Digitale”. Torna inoltre come ogni anno anche l’intenzione di riformare l’obsoleto sistema catastale e reintrodurre l’imposta sulla prima casa per i redditi alti.

Ecobonus

La Legge di Bilancio confermerà le detrazioni fiscali per la riqualificazione energetica degli edifici, ma ci saranno sicuramente delle novità: le aliquote saranno rimodulate, differenziandole per misure che hanno un maggiore impatto in termini di emissioni e risparmio energetico, sarà quindi eliminata la detrazione secca e verranno incentivati maggiormente gli interventi di riqualificazione profonda. Per i condomìni si starebbe pensando a una riduzione dell’incentivo e ad alcune restrizioni delle modalità di accesso.

Come annunciato dal Ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti al Cersaie di Bologna, gli incentivi potrebbero essere estesi ai lavori su giardini condominiali e balconi e agli interventi per la rimozione dell’amianto dai tetti. “L’Ecobonus – ha affermato Galletti – é uno strumento che è servito molto, che ha permesso grandi investimenti nel settore dell’efficientamento energetico. Noi ci crediamo, continuiamo a crederci e vogliamo investire ancora di più in questo strumento”.

Le anticipazioni di Galletti confermano le intenzioni della Strategia energetica nazionale del Governo, che propone un incentivo graduato in base al risparmio energetico ottenuto, l’istituzione di un Fondo per l’ecoprestito e una maggiore correlazione con il programma “Casa Italia” per la sicurezza antisismica.

Sismabonus e Bonus ristrutturazioni

La Legge di Bilancio dovrebbe confermare anche le detrazioni del 50% per le ristrutturazioni edilizie e la messa in sicurezza antisismica. In quest’ultimo caso, lo ricordiamo, le aliquote crescono in base al miglioramento antisismico raggiunto fino ad arrivare all’85% nei condomìni.

Industria 4.0 e investimenti delle imprese

Come si legge nel Def, nella prossima Legge di Bilancio ci saranno nuove misure e la prosecuzione di quelle in essere. Si tratta, lo ricordiamo, del piano Industria 4.0 e di diverse iniziative volte a sostenere la modernizzazione delle imprese, come il super-ammortamento (supervalutazione del 140% degli investimenti in beni strumentali nuovi acquistati o in leasing), l’iper-ammortamento al 250% per gli investimenti in dispositivi e tecnologie abilitanti la trasformazione in chiave Industria 4.0 (per i beni con valore superiore a 500mila euro), la Nuova Sabatini che sostiene gli investimenti per acquistare o acquisire tramite finanziamento o in leasing macchinari, attrezzature, impianti, beni strumentali ad uso produttivo e hardware.

C’è poi la possibilità, riconosciuta alle nuove imprese, di cedere le perdite prodotte nei primi quattro esercizi di attività ad una società quotata che detenga una partecipazione nell’impresa cessionaria pari almeno al 20%. Completano il quadro gli interventi per l’autoimprenditorialità e per le start up innovative, l’estensione delle agevolazioni previste per le start-up alle PMI costituite sotto forma di S.r.l. e il patent box, cioè una tassazione agevolata sulle opere di ingegno.

Scuola Digitale

Il piano nazionale “Scuola Digitale” è stato lanciato nel 2015 per promuovere l’innovazione e la digitalizzazione della scuola italiana. Il Def annuncia che con la Legge di Bilancio sarà completato, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, il piano di investimenti per il 2017: 15 milioni di euro per estendere il registro elettronico a tutte le classi del primo ciclo, 2,5 milioni per la creazione di ambienti didattici innovativi contro la dispersione scolastica nelle scuole delle periferie, 5,7 milioni per fornire assistenza per la manutenzione tecnica di strumenti informatici per le scuole del primo ciclo, 25 milioni per la formazione avanzata sui temi del digitale per il personale della scuola.

Riforma del Catasto

L’Unione Europea continua a raccomandare all’Italia la riforma del Catasto. Tutto per trasferire la tassazione dai fattori produttivi alle rendite. Nell’agenda del Governo torna quindi l’intenzione di abbandonare l’attuale sistema di classificazione, basato sui vani, per abbracciare quello basato sui metri quadri e su indicatori che, valutando la localizzazione e le caratteristiche dell’immobile, siano in grado di stimarne l’effettivo valore.

La riforma del Catasto è l’obiettivo di un disegno di legge presentato lo scorso aprile, ma ancora fermo in Senato.

Per consentire il riequilibrio della pressione fiscale, il Governo sta valutando la reintroduzione dell’imposta sulla prima casa per i redditi alti. L’imposta sulla prima casa colpisce già, lo ricordiamo, le abitazioni di lusso (accatastate come A1, A8 e A9).

Fonte: http://www.edilportale.com/news/2017/09/normativa/ecobonus-sismabonus-industria-4.0-in-arrivo-proroghe-agli-incentivi_60062_15.html

Aerodron, droni e satelliti per mappare l’amianto

La startup parmense specializzata nella raccolta dati punta sulle nuove tecnologie per aiutare le bonifiche della fibra killer che uccide un italiano ogni tre ore.

Il segreto per affrontare un problema di una certa dimensione, spesso, è guardarlo dalla prospettiva giusta. Nel caso dell’ambiente, dagli sprechi energetici alle emergenze naturali, l’angolazione migliore è aerea. “Ci occupiamo di tutto ciò che è visione dall’alto, per mettere i droni al servizio del territorio”, spiega Giorgio Ugozzoli, AD di AeroDron Srl, società hi-tech di Parma attiva da inizio 2014 e impegnata nella raccolta di dati molto più che in quella delle immagini.

La startup è partita con l’obiettivo di concentrarsi su tematiche di tipo ambientale, dalla dispersione termica alle isole di calore: “volando a bassa quota e sfruttando l’alta risoluzione vediamo i comuni come se fossero fornelli”. L’analisi della superficie dei tetti ha portato così all’attuale collaborazione con la città di Fidenza e all’applicazione della tecnologia alla mappatura dell’amianto. Per monitorare la fibra killer, responsabile della morte di 8 italiani ogni giorno, i droni tuttavia non bastano; troppo piccoli rispetto all’estensione di una provincia o di una regione.

Tutti sappiamo che l’amianto contenuto nelle coperture in eternit è un elemento che è stato messo al bando nel 1992 per la sua natura cancerogena ma che ancora sopravvive sui tetti di fabbricati di diverso impiego, tanto civili quanto industriali”, ha sottolineato l’Assessore all’Ambiente del Comune di Fidenza, Giancarlo Castellani. Ora occorre capire al più presto dove e come intervenire, anche perché la diffusione è ancora massiccia su tutto il territorio nazionale e il prezzo da pagare altissimo.

Il primo passo in questo senso è stata dunque l’acquisizione di foto di repertorio aeree e satellitari da sottoporre ad analisi multispettrali. Algoritmi particolari (quello impiegato di base è stato sviluppato dallo spin-off Res Gea dell’Università di Chieti) leggono le “impronte digitali” dell’immagine: “non dicono quanto amianto c’è ma svelano aree critiche con tassi di attendibilità molto alti”, specifica Ugozzoli. Da lì in poi la verifica spetta appunto ai droni, che affinano la percentuale di accuratezza e permettono un grande risparmio di tempo e denaro.

I metodi tradizionali di mappatura prevedono per ogni copertura la necessità di accedere alla stessa direttamente o tramite cestello e di effettuare un rilievo visivo per ognuna delle aree interessate, con una spesa media intorno ai mille euro cadauna” ha aggiunto Castellani. Con 10mila euro, per intenderci, verrebbero esaminate una decina di unità. Con la stessa identica cifra Aerodron ha invece censito tutto il patrimonio immobiliare di Fidenza, costituito da migliaia di siti e centinaia di fabbricati.

La mappatura è solo il primo intervento che deve essere fatto per poter valutare e pianificare l’effettiva rimozione, smaltimento e bonifica delle aree interessate. Da lì in poi servono azioni mirate di enti, amministrazioni, aziende e associazioni ma resta tuttavia un passaggio fondamentale per censire il territorio in modo più preciso e avere una reale dimensione dell’impatto causato. Un passaggio che la tecnologia, anche a fronte di risorse economiche limitate, specie per i comuni più piccoli, può aiutare a risolvere.

Quello dell’amianto è un problema pachidermico, che spaventa per la sua mole ma che può essere affrontato come il proverbiale elefante. L’unico modo per mangiarlo e digerirlo è farlo a fette, concentrandosi su un pezzo alla volta. Solo così diventa risolvibile. Per il resto si tratta di una questione di volontà più che di budget e risorse. Con un’opportunità in più, che risiede in ricadute positive sul territorio anche per tutti i centri virtuosi, a prescindere dalla loro dimensione. L’etichetta “amianto-free” è infatti premiante dal punto di vista della salute e del benessere in primis, e dalla riduzione della spesa sanitaria, dall’accesso ai canali turistici e a eventuali bandi di finanziamento europei poi.

Lo dimostra l’esempio di Fidenza. Dove l’iniziativa non si limita tra l’altro all’amianto ma si inserisce in un piano triennale che prevede anche rilievi della dispersione termica della città in inverno e delle isola di calore in estate, con un costo totale per l’operazione di 30mila euro e con lo scopo di arginare la dispersione economica, oltre a quella di calore. “Sentiamo tutti i giorni parlare di smart city, ma dovremmo anche chiederci cosa significa realizzare davvero comunità intelligenti”, conclude Castellani. “L’utilizzo dei droni rappresenta un’ottima risposta al quesito: la tecnologia più avanzata ci ha permesso di abbattere drasticamente i costi e di avviare un progetto ambientale enorme, facendo risparmiare il Comune e i cittadini”.

Fonte: https://www.wired.it/attualita/ambiente/2015/05/07/aerodron-droni-amianto/

Amianto, verso il nuovo Piano della Regione Emilia-Romagna

Un nuovo Piano Amianto della Regione Emilia-Romagna (PARER). Per consolidare e migliorare quanto è già stato fatto finora con il precedente e sviluppare nuove azioni, secondo un approccio trasversale fra ambiente, salute e lavoro. Se ne discute oggi, nella Giornata mondiale dedicata alle Vittime dell’Amianto, in occasione della Conferenza regionale Amianto, organizzata dalla Regione in collaborazione con Cgil, Cisl e Uil Emilia-Romagna. Presenti all’incontro gli assessori Sergio Venturi (Politiche per la Salute) e Paola Gazzolo (Difesa del suolo e della costa, Protezione civile e Politiche ambientali e della montagna), le conclusioni affidate al presidente della Regione, Stefano Bonaccini.

Il nuovo Piano Amianto, in sintesi

Tra gli obiettivi del nuovo Piano Amianto, frutto di un lungo confronto e in fase ormai di ultimazione, e che rientra nel più ampio Piano regionale della Prevenzione 2015-2018, c’è l’ulteriore consolidamento della sorveglianza epidemiologica e sanitaria, della conoscenza sulle attuali esposizioni all’amianto e il miglioramento della tutela della salute e della qualità degli ambienti di vita e di lavoro in relazione al rischio. Tra le azioni previste, la “sistematizzazione” di archivi regionali informatizzati dei lavoratori esposti ed ex esposti, il miglioramento dei processi di acquisizione delle informazioni sulla diffusione di amianto nelle condotte degli acquedotti, il consolidamento della capacità d’analisi dei laboratori.

Per effettuare le bonifiche e i controlli secondo criteri di priorità, in raccordo con gli altri enti coinvolti, il Piano vuole approfondire le più efficaci modalità di mappatura e promuovere procedure semplificate fra i diversi enti pubblici per gestire le segnalazioni per presenza di amianto. Non solo: si punta a favorire procedure semplificate per la rimozione e lo smaltimento di piccole quantità di amianto in matrice compatta da parte dei privati cittadini; attualmente questa tipologia di raccolta è già presente circa nell’80% dei Comuni e gratuita nel 50%.  Per tutelare ancora di più i lavoratori che sono esposti – o che sono stati esposti – all’amianto, il Piano prevede la costruzione di un programma regionale di assistenza, informativa e sanitaria, dedicata ai lavoratori nei Dipartimenti di Sanità Pubblica delle Aziende Usl, e l’istituzione di una rete regionale per la presa in carico dei pazienti affetti da mesotelioma pleurico. Il Piano, inoltre, vuole migliorare la qualità della cura di questi pazienti attraverso la messa a punto di un modello che consenta la presa in carico globale, in grado di fornire la migliore assistenza sia in ospedale che sul territorio.

Per quanto riguarda, invece, il tema dei rifiuti, allo stato attuale una parte consistente di materiali con amianto viene conferita in impianti di smaltimento all’estero, soprattutto in Germania, con costi considerevoli, dovuti anche all’alta incidenza del trasporto. Solo il 6% dei rifiuti contenenti amianto (RCA) prodotti in Emilia-Romagna viene conferito nelle discariche regionali (2 quelle idonee). Alla luce del Piano nazionale Amianto e della necessità di tendere a una autosufficienza territoriale, il nuovo Piano regionale pone quindi l’esigenza di individuare, da parte delle amministrazioni, aree idonee per localizzare discariche per rifiuti che contengono amianto e percorsi finalizzati alla realizzazione di impianti di smaltimento regionali.

Cosa ha fatto la Regione

Negli ultimi 10 anni, la Regione (assessorato alle Politiche ambientali) ha destinato oltre 18 milioni di euro di contributi a pubblici e privati (aziende) per la bonifica. Di questi, 2,7 milioni sono serviti per effettuare rimozioni d’amianto in 20 scuole già mappate dalla Sanità col Piano del 1996, oltre ad altre 52 scuole extra mappatura. Sul totale, 7 milioni sono stati stanziati all’inizio di questa legislatura per gli interventi nelle imprese. Inoltre, in seguito al terremoto del 2012, sono state rimosse e smaltite 6.500 tonnellate di macerie contenenti amianto, con una spesa complessiva di 3,2 milioni di euro.

Da sempre la Regione ha mostrato una particolare attenzione alla protezione dai rischi legati alla presenza di amianto. Nel 1992, con un’apposita legge (la n. 257), l’Italia mette al bando tutti i prodotti con amianto, vietando l’estrazione, l’importazione, l’esportazione, la commercializzazione e la produzione del minerale, in quanto cancerogeno, secondo un programma di dismissione il cui termine ultimo è fissato all’aprile 1994. Già due anni dopo (era il 1996) l’Emilia-Romagna ha approvato il primo Piano Amianto e istituito – prima Regione in Italia – il Registro Mesoteliomi (ReM) regionale.

Fonte: http://www.regione.emilia-romagna.it/notizie/2017/aprile/amianto-verso-il-nuovo-piano-della-regione-emilia-romagna