Rimozione amianto: quando diviene obbligatoria la bonifica?

Rimozione amianto: come si delineano le norme relative alle procedure di bonifica di questo materiale dichiarato fuori legge in Italia a partire dal 1992?

L’amianto infatti, materiale versatile ed a basso costo è stato molto utilizzato nel corso degli anni ’70 -’80 in edilizia grazie alle sue proprietà isolanti e fonoassorbenti: con il piccolo inconveniente che le polveri da esso derivanti sono molto pericolose (cancerogene) per l’apparato respiratorio umano. Di qui, nel corso degli anni si sono sviluppate procedure di sicurezza per ottemperare alla corretta rimozione dell’amianto dagli edifici e manufatti.

La bonifica amianto negli edifici privati è un onere che grava esclusivamente sui proprietari (Comune e Asl non sono tenuti infatti ad effettuare sopralluoghi): in particolare pare utile analizzare la disciplina della materia nell’ambito condominale. A tale riguardo differenze ingenti si concretizzano a seconda che l’amianto sia presente negli edifici in forma compatta (cemento-amianto o vinil-amianto) oppure in configurazione friabile.

Amianto in matrice friabile
In caso di presenza negli edifici di amianto friabile (formato molto pericoloso del materiale, poiché riducibile in polvere con la semplice azione manuale e pertanto più facilmente inalabile) il proprietario dell’edificio (oppure l’amministratore, nel caso di un condominio) è tenuto a comunicare alla Asl di riferimento i dati relativi alla presenza di tale insidioso materiale: l’obbligo è prescritto dalle legge (l. 27 marzo 1992, n. 257) e la sua violazione, nel caso di omessa comunicazione, è suscettibile di sanzione amministrativa (pecuniaria, oltre i 2mila euro in sede edittale).

Per orientarsi all’interno di tale tema Maggioli Editore presenta l’e-book Amianto: Guida pratica per la gestione dei manufatti: una guida (elaborata dall’esperto ingegnere Maria Cristina Di Cosimo) idonea a fornire informazioni utili e pratiche per affrontare la gestione dei materiali con presenza di amianto (con particolare attenzione anche alle questioni permessualistiche). Lo strumento è utile sia per gli utenti pubblici che per quelli privati (dagli amministratori di condominio ai proprietari di edifici industriali).

Amianto compatto
L’amianto compatto è meno pericoloso (non può essere sbriciolato se non con l’impiego di attrezzi meccanici, pertanto la diffusione di micro-fibre è molto meno probabile) e la sua presenza in edifici in buono stato non fa scattare alcun obbligo di comunicazione. Qualora l’edificio o il manufatto presentino però condizioni di degrado allora il proprietario (o l’amministratore nel caso di un condominio) ha l’obbligo di far effettuare una ispezione con annessa valutazione del rischio: per fare ciò è necessario avvalersi di un tecnico abilitato (o di un’impresa abilitata anch’essa). Qualora dovesse essere accertata la necessità di intervenire sull’amianto (in caso di pericolosità dei manufatti presenti) scatta l’obbligatorietà di rivolgersi ad una ditta specializzata iscritta all’Albo nazionale Gestori ambientali nella categoria 10 (sub categoria 10A o 10B).

Spese di bonifica:  chi paga?
Ma in concreto, parlando schietto, a chi spetta di tirare fuori i soldi per le procedure di bonifica? Per ciò che riguarda le operazioni in condominio, la spesa spetta ovviamente ai condomini (con la solita ripartizione in base ai millesimi): esiste tuttavia la possibilità per i condomini stessi di rivalersi nei confronti della ditta costruttrice solo nel caso in cui l’amianto sia stato installato successivamente all’entrata in vigore dei divieti di legge. Le maggioranze assembleari per deliberare gli interventi sono le solite: piccoli interventi (quindi manutenzione ordinaria) necessitano una maggioranza semplice degli intervenuti, mentre bonifiche di grossa entità vogliono la maggioranza aggravata (che comprende anche il  superamento dei 500 millesimi de approvazione).

Fonte: https://www.ediltecnico.it/27838/rimozione-amianto-quando-diviene-obbligatoria-bonifica/

Aerodron, droni e satelliti per mappare l’amianto

La startup parmense specializzata nella raccolta dati punta sulle nuove tecnologie per aiutare le bonifiche della fibra killer che uccide un italiano ogni tre ore.

Il segreto per affrontare un problema di una certa dimensione, spesso, è guardarlo dalla prospettiva giusta. Nel caso dell’ambiente, dagli sprechi energetici alle emergenze naturali, l’angolazione migliore è aerea. “Ci occupiamo di tutto ciò che è visione dall’alto, per mettere i droni al servizio del territorio”, spiega Giorgio Ugozzoli, AD di AeroDron Srl, società hi-tech di Parma attiva da inizio 2014 e impegnata nella raccolta di dati molto più che in quella delle immagini.

La startup è partita con l’obiettivo di concentrarsi su tematiche di tipo ambientale, dalla dispersione termica alle isole di calore: “volando a bassa quota e sfruttando l’alta risoluzione vediamo i comuni come se fossero fornelli”. L’analisi della superficie dei tetti ha portato così all’attuale collaborazione con la città di Fidenza e all’applicazione della tecnologia alla mappatura dell’amianto. Per monitorare la fibra killer, responsabile della morte di 8 italiani ogni giorno, i droni tuttavia non bastano; troppo piccoli rispetto all’estensione di una provincia o di una regione.

Tutti sappiamo che l’amianto contenuto nelle coperture in eternit è un elemento che è stato messo al bando nel 1992 per la sua natura cancerogena ma che ancora sopravvive sui tetti di fabbricati di diverso impiego, tanto civili quanto industriali”, ha sottolineato l’Assessore all’Ambiente del Comune di Fidenza, Giancarlo Castellani. Ora occorre capire al più presto dove e come intervenire, anche perché la diffusione è ancora massiccia su tutto il territorio nazionale e il prezzo da pagare altissimo.

Il primo passo in questo senso è stata dunque l’acquisizione di foto di repertorio aeree e satellitari da sottoporre ad analisi multispettrali. Algoritmi particolari (quello impiegato di base è stato sviluppato dallo spin-off Res Gea dell’Università di Chieti) leggono le “impronte digitali” dell’immagine: “non dicono quanto amianto c’è ma svelano aree critiche con tassi di attendibilità molto alti”, specifica Ugozzoli. Da lì in poi la verifica spetta appunto ai droni, che affinano la percentuale di accuratezza e permettono un grande risparmio di tempo e denaro.

I metodi tradizionali di mappatura prevedono per ogni copertura la necessità di accedere alla stessa direttamente o tramite cestello e di effettuare un rilievo visivo per ognuna delle aree interessate, con una spesa media intorno ai mille euro cadauna” ha aggiunto Castellani. Con 10mila euro, per intenderci, verrebbero esaminate una decina di unità. Con la stessa identica cifra Aerodron ha invece censito tutto il patrimonio immobiliare di Fidenza, costituito da migliaia di siti e centinaia di fabbricati.

La mappatura è solo il primo intervento che deve essere fatto per poter valutare e pianificare l’effettiva rimozione, smaltimento e bonifica delle aree interessate. Da lì in poi servono azioni mirate di enti, amministrazioni, aziende e associazioni ma resta tuttavia un passaggio fondamentale per censire il territorio in modo più preciso e avere una reale dimensione dell’impatto causato. Un passaggio che la tecnologia, anche a fronte di risorse economiche limitate, specie per i comuni più piccoli, può aiutare a risolvere.

Quello dell’amianto è un problema pachidermico, che spaventa per la sua mole ma che può essere affrontato come il proverbiale elefante. L’unico modo per mangiarlo e digerirlo è farlo a fette, concentrandosi su un pezzo alla volta. Solo così diventa risolvibile. Per il resto si tratta di una questione di volontà più che di budget e risorse. Con un’opportunità in più, che risiede in ricadute positive sul territorio anche per tutti i centri virtuosi, a prescindere dalla loro dimensione. L’etichetta “amianto-free” è infatti premiante dal punto di vista della salute e del benessere in primis, e dalla riduzione della spesa sanitaria, dall’accesso ai canali turistici e a eventuali bandi di finanziamento europei poi.

Lo dimostra l’esempio di Fidenza. Dove l’iniziativa non si limita tra l’altro all’amianto ma si inserisce in un piano triennale che prevede anche rilievi della dispersione termica della città in inverno e delle isola di calore in estate, con un costo totale per l’operazione di 30mila euro e con lo scopo di arginare la dispersione economica, oltre a quella di calore. “Sentiamo tutti i giorni parlare di smart city, ma dovremmo anche chiederci cosa significa realizzare davvero comunità intelligenti”, conclude Castellani. “L’utilizzo dei droni rappresenta un’ottima risposta al quesito: la tecnologia più avanzata ci ha permesso di abbattere drasticamente i costi e di avviare un progetto ambientale enorme, facendo risparmiare il Comune e i cittadini”.

Fonte: https://www.wired.it/attualita/ambiente/2015/05/07/aerodron-droni-amianto/

Cos’è l’amianto

Cosa è l’amianto?

Amianto in Greco (amiantos) significa immacolato, ma anche incorruttibile. Il termine absesto equivale ad amianto, e in greco significa perpetuo, inestinguibile.

Cos'è l'amianto?L’amianto è un minerale naturale a struttura microcristallina e di aspetto fibroso appartenente alla classe chimica dei silicati e alle serie mineralogiche del serpentino e degli anfiboli. Si ottiene a seguito di un’attività estrattiva, e il suo nome deriva dalla parola Asbesto che tradotto significa “Che non si spegne mai”. La sua composizione chimica è variabile ed è costituita appunto da fasci di fibre molto fini, tanto che in un centimetro lineare si possono allineare fianco a fianco 335.000 fibrille di amianto paragonato alla quantità di 250 capelli per il solito spazio di un centimetro, fa capire quanto siano sottili.

Per la normativa italiana sotto il nome di amianto sono compresi 6 composti distinti in due grandi gruppi: anfiboli e serpentino, l’amianto serpentino è composto principalmente da amianto cosiddetto bianco chiamato anche crisotilo, dall’aspetto sfrangiato. L’altro chiamato anfibolo è composto da crocidolite (amianto blu), amosite, e tremolite, l’amosite e pochi altri.

 

Caratteristiche

Fra le sue caratteristiche più interessanti, l’amianto ha una buona resistenza termica elevata, all’azione di agenti chimici e biologici, alla trazione, all’usura.

Caratterstiche dell'amiantoÉ stato così largamente usato per le sue eccezionali proprietà di resistenza al fuoco, di isolamento termico ed elettrico, per la facilità di lavorazione (struttura fibrosa), di resistenza agli acidi ed alla trazione, è facilmente mescolabile ad altre sostanze (cemento), dotato di capacità fonoassorbenti e per ultimo ma non trascurabile l’aspetto che aveva un basso costo.

 

Campi di utilizzo

Queste ed altre proprietà, legate ad un basso costo di produzione, hanno fatto dell’amianto un materiale estremamente versatile, utilizzato per la fabbricazione di oltre 3000 prodotti.

Considerate queste caratteristiche, ha trovato largo utilizzo nei campi dell’Edilizia, dell’Industria e dei Trasporti, sotto forma di innumerevoli manufatti . Era presente nelle frizioni e nei freni degli autoveicoli e dei treni (adesso non più), come materiale isolante, materiali fonoassorbenti, coperture di edifici industriali (Eternit), tubazioni, serbatoi, cassoni e guarnizioni. Inoltre l’amianto è stato utilizzato in maniara insolita per produrre imballaggi, carta e cartoni, pavimentazioni (linoleum) tessuti ignifughi per l’arredamento di teatri e cinema e addirittura nell’abbigliamento.

 

La sua diffusione

Nel nostro paese il crisotilo ha rappresentato il 75% dell’uso totale di amianto ed il 75% di tutto l’amianto usato è stato impiegato nel settore edilizio delle costruzioni.

La diffusione dell'amiantoIn Italia l’attività estrattiva era svolta presso la miniera di Balangero (Piemonte) adesso chiusa per procedere alla bonifica dell’area. Nel nostro paese il boom è avvenuto negli anni che vanno dal 1960 al 1990 in corrispondenza appunto del boom economico, e già nel 1983 in accordo con una direttiva CEE, è vietata anche in Italia l’applicazione dell’amianto spruzzato in edilizia, ma solo nel 1992 viene vietata la produzione e il commercio di manufatti contenente amianto con la cessazione di tutte le attività di estrazione, importazione, ed utilizzo.

 

Perchè dannoso?

Le malattie da amianto possono manifestarsi dopo molti anni, a volte persino dopo 40 anni dalla prima esposizione.

Perchè l'amianto è dannosoLa pericolosità dell’amianto consiste, infatti, nella capacità che il materiale ha di rilasciare fibre potenzialmente inalabili dall’uomo, fibre che hanno la caratteristica di dividersi in senso longitudinale anzichè trasversale come le altre tipologie di fibre. I materiali più pericolosi sono ovviamente quelli contenenti amianto friabile, il cemento-amianto (o Eternit) ha una pericolosità molto inferiore dato che le fibre al suo interno sono presenti in misura dal 10% al 15%, rispetto ai materiali friabili che possono arrivare anche al 100% di presenza di fibre. La sua pericolosità è comunque legata allo stato di conservazione. Non sempre l’amianto, però, è pericoloso; lo è sicuramente quando può disperdere le sue fibre nell’ambiente circostante per effetto di qualsiasi tipo di sollecitazione meccanica, eolica, da stress termico, dilatamento di acqua piovana. Per questa ragione il cosiddetto amianto friabile che cioè si può ridurre in polvere con la semplice azione manuale è considerato più pericoloso dell’amianto compatto che per sua natura ha una scarsa o scarsissima tendenza a liberare fibre.

Fonte: http://www.sosamianto.it/index-6.html

Amianto, cresce la produzione di rifiuti in Italia ma gli impianti per gestirla sono sempre meno

La quota smaltita è salita in un anno del 16,9%, ma nel mentre è sparita una discarica: adesso sono solo 21 per tutto il Paese. E 145mila tonnellate vengono spedite (a caro prezzo) in Germania.

La scia di inquinamento, malattia e morte che comporta la presenza dell’amianto nel nostro Paese è ben lontana dall’esaurirsi. Secondo gli ultimi dati diffusi dall’Ona – Osservatorio nazionale amianto, le necessarie bonifiche non saranno completate – procedendo al ritmo attuale – prima del 2102, mentre le morti asbesto correlate continueranno per altri 130 anni. Come mai, se l’odiato amianto è stato messo al bando ormai 25 anni fa? A spiegarlo con dovizia di dati è l’Ispra, che al tema dedica un focus specifico all’interno del suo XVI Rapporto sui rifiuti speciali, pubblicato oggi.

L’emergenza amianto in Italia «non solo non è conclusa ma, al momento – aggiunge l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale – sembra mostrarsi in uno stadio fortemente attivo. Ciò è dovuto essenzialmente al lungo periodo di latenza, anche quarant’anni, per la comparsa della sintomatologia all’esposizione e alla non eliminazione della possibile esposizione in ambito occupazionale, ambientale e domestico».

Difatti, i ritmi di questa «non eliminazione» sono più che blandi. Ad oggi, le stime sulla presenza di amianto nel Paese oscillano tra le 32 e le 40 milioni di tonnellate, ma le bonifiche scarseggiano. «I rifiuti contenenti amianto prodotti in Italia nell’anno 2015, sono pari a 369 mila tonnellate», dettaglia l’Ispra, mentre quelli effettivamente smaltiti nell’anno sono ancora meno,  pari «a 227 mila tonnellate», il 54,2% delle quali «viene smaltito al Nord, il 29,5% al Centro e 16,3% al Sud».

Dal 2014 al 2015 un timido segnale di miglioramento è avvenuto: la quota smaltita di rifiuti contenenti amianto è aumentata del 16,9%, con Lombardia e Toscana a rappresentare le regioni più virtuose: entrambe con circa 60mila tonnellate smaltite nel 2015 (sebbene, a confronto con il 2014, in Lombardia la quantità smaltita è aumentata del 47,3%, mentre in Toscana è diminuita del 19,6%). Per sommo paradosso, però, a fronte di un piccolo passo avanti ne è stato segnato uno all’indietro su un fronte già critico, ovvero la cronica mancanza degli impianti sul territorio necessari a smaltire in sicurezza l’amianto.

Nonostante dallo stesso ministero dell’Ambiente (e da associazioni ambientaliste come Legambiente) indichino come uno dei principali ostacoli al superamento dell’emergenza amianto in Italia stia nella mancanza di discariche adatte a gestirlo in sicurezza, il «numero totale delle discariche operative che smaltiscono rifiuti contenenti amianto, nell’anno 2015» è calato di 1 unità: adesso sono soltanto 21 per tutto il Paese (17 classificate come discariche per rifiuti non pericolosi e 4 per rifiuti pericolosi), 9 delle quali al Sud, 7 al Nord e 5 al Centro. Pochissimi impianti dunque, e ancor meno volumetrie libere: «In particolare, per 12 impianti su 21 il volume totale autorizzato per le sole celle dedicate/monodedicate all’amianto, risulta pari a circa 2,5 milioni di mc, mentre la capacità residua al 31/12/2015, disponibile per 9 impianti su 21, è pari a circa 740 mila mc». Non è un caso dunque se nel 2015 sono state esportate ben 145mila tonnellate di rifiuti contenti amianto italiano, dirette quasi tutte nella civilissima Germania, pronta ad accoglierle – profumatamente pagate – nelle proprie miniere dismesse.

L’asbesto non è un materiale demoniaco, sembrano sottolineare dall’Ispra, ma un «minerale a base di silicati» per il quale la normativa ha già individuato le migliori modalità di gestione: ovvero, lo smaltimento in «discarica per rifiuti pericolosi, solo se dedicata o dotata di cella dedicata, o in «discarica per rifiuti non pericolosi, dedicata o dotata di cella monodedicata», a seconda dei casi e delle tipologie di rifiuto. A 25 anni dal bando, è imprescindibile capire che siamo di fronte a una scelta: bonificare e gestire in sicurezza l’amianto tramite risorse e impianti adeguati, oppure continuare pericolosamente a conviverci.

Un pericolo in cui siamo tutti coinvolti, come ricorda l’Ispra dettagliando alcuni settori e impieghi dove in passato «si è fatto largo utilizzo di questo minerale». Nell’industria, come isolante termico in cicli industriali (es. centrali termiche, industria chimica), come isolante termico in impianti (es. frigoriferi e di condizionamento); materiale di coibentazione di carrozze ferroviarie, autobus e navi. In edilizia, nelle coperture sottoforma di lastre piane o ondulate; in molti manufatti quali tubazioni, serbatoi, canne fumarie; nei pannelli per controsoffittature. Perfino dentro le nostre case, in alcuni elettrodomestici (es. forni, stufe, ferri da stiro); nei tessuti ignifughi per arredamento (es. tendaggi, tappezzerie); nei tessuti per abbigliamento (es. giacche, pantaloni, stivali).

Fonte: http://www.greenreport.it/news/economia-ecologica/amianto-cresce-la-produzione-rifiuti-italia-gli-impianti-gestirla-sempre-meno/

Amianto, quando la bonifica è incentivata

Materiale estremamente pericoloso che dovrebbe essere eliminato quanto prima da tutti gli edifici

Amianto, c’è ancora troppa ignoranza intorno. Questo materiale, fino agli anni ‘90 del secolo scorso molto utilizzato in edilizia per realizzare le coperture degli edifici è in realtà un pericoloso nemico dell’uomo. Provoca l’asbestosi e altre malattie letali. Se una fibra del materiale s’infila in un alveolo dei polmoni la salute dell’individuo, infatti, è compromessa in modo irrimediabile. Nonostante questo pericolo, ancora oggi l’amianto è praticamente ovunque. Lo si trova prevalentemente nelle coperture, ma è anche nelle canne fumarie, è stato utilizzato per costruire pollai e piccoli capanni rurali dove i contadini conservano gli attrezzi. Certo le nuove costruzioni ne sono prive, ma quelle vecchie purtroppo ne abbondano. E a nulla sono valsi fino a oggi, i richiami e gli inviti alla bonifica da parte delle autorità.

La malattia è dietro l’angolo

Per fortuna finché il materiale è integro non ci sono problemi; i guai però cominciano quando quest’ultimo, conosciuto anche con il nome di eternit, comincia a degradarsi (quando si sbriciola). In questo caso le sue fibre si diffondono nell’aria con facilità perché sono microscopiche e leggerissime. Respirarle è un attimo, la malattia dietro l’angolo. Chi vuole dormire sonni tranquilli nella consapevolezza di riuscire a tutelare la salute propria e quella degli altri non deve fare altro che contattare un’impresa qualificata e abilitata. Penserà quest’ultima a pianificare e portare a termine, nel rispetto delle severe normative in merito, l’operazione di bonifica dall’ amianto e smaltimento dell’amianto in ogni dettaglio.

Maneggiarlo, questione per professionisti

Si tratta di un settore dove la specializzazione è massima. Per poter maneggiare il pericoloso materiale, infatti, bisogna essere iscritti all’Albo Gestori Ambientali. Disporre delle necessarie patenti di abilitazione e avvalersi di personale qualificato e costantemente aggiornato tramite gli appositi corsi. Metodi e procedure, naturalmente, variano a seconda delle necessità e degli obiettivi e alla clientela si garantisce sempre un servizio chiavi in mano grazie al quale la sicurezza è tutelata. L’eliminazione dell’eternit comporta, solitamente, la realizzazione di una struttura sostitutiva in materiali non pericolosi. Nei casi più frequenti si tratta del tetto che viene rifatto a regola d’arte spesso seguendo anche criteri innovativi.

Amianto, serve la bonifica

Infine la domanda ricorrente da parte di chi è interessato a un intervento di bonifica. Esistono delle agevolazioni fiscali? La risposta al quesito è…. «Nì». In realtà, se l’intervento non rientra in una riqualificazione complessiva dell’immobile (ristrutturazione con eventuale efficientamento energetico), non sono infatti previsti incentivi. Se dunque la bonifica riguarda solo il box o piccole strutture difficilmente può accedere agli sgravi fiscali del 50% o 65%, al contrario se afferisce a una ristrutturazione più ampia dell’abitazione, allora la risposta è positiva. Rivolgendosi a imprese qualificate sarà comunque possibile ottenere informazioni dettagliate sull’interessante argomento.

Fonte: http://casa.netweek.it/amianto-quando-la-bonifica-e-incentivata/

Microwaste, una strada ecologica per la bonifica dell’amianto

La legge che imponeva la messa al bando dell’amianto è datata 1992 e forniva 18 mesi di tempo per l’attuazione delle norme: oggi la situazione è critica, ma Microwaste, una start up torinese, promuove un metodo ecologico bonificare l’amianto e renderlo un materiale innocuo.

A Torino è nata una start up, Microwaste, che potrebbe segnare una svolta decisiva nella bonifica e nello smaltimento dell’amianto: messo al bando da oramai 25 anni continua a fare vittime – si stimano 4 mila morti l’anno – e le discariche adatte al suo stoccaggio hanno spazio sufficiente per poco meno di 15 anni. Purtroppo con le attuali tecniche serviranno almeno 80 anni per smaltire tutti i depositi d’amianto presenti in Italia e bonificare le aree. Microwaste propone un’alternativa ecologica, a zero emissioni e senza scarti che potrebbe rendere l’amianto materiale riutilizzabile in edilizia.

Ma cos’è l’amianto e perché è così pericoloso? È un minerale naturale a struttura microcristallina e di aspetto fibroso molto utilizzato a causa delle eccezionali proprietà di resistenza al fuoco, di isolamento termico ed elettrico, per la facilità di lavorazione e di mescolabile ad altre sostanze e, soprattutto, a basso costo. La pericolosità consiste nella capacità che il materiale ha di rilasciare fibre potenzialmente inalabilidall’uomo ma non sempre è dannoso: lo è quando può disperdere le sue fibre nell’ambiente circostante per effetto di qualsiasi tipo di sollecitazione ed è per questa ragione il cosiddetto amianto friabile è considerato più pericoloso di quello compatto che ha una limitata tendenza a liberare fibre.

L’idea nasce già nel 2015, quando Fabio Desilvestri, co-fondatore dell’azienda ospitata nell’incubatore del Politecnico di Torino I3P, ha letto delle ricerche del polacco Ryszard Parosa: Desilvestri ha visto delle notevoli potenzialità in un metodo non valorizzato e ci ha creduto. La procedura consiste nel frantumare e portare il materiale tra i 1000 e i 1500 gradi rendendolo un materiale non più cancerogeno e utilizzabile come additivo al cemento. L’amianto è al bando in tutta Europa, quindi Microwaste spera di partire il prima possibile con delle sperimentazioni in modo da mostrare alle amministrazioni il funzionamento del metodo.

Però il problema dell’amianto non si limita esclusivamente allo smantellamento dei siti presenti e alcuni dati lo dimostrano. Sebbene sia stata istituita la giornata mondiale per commemorare le vittime dell’amianto e nonostante le stime prevedono un picco di mortalità nel decennio 2015/2025, il mondo non sembra ancora pronto a disfarsene. In Italia solo la metà delle Regioni ha provveduto ad ultimare il censimento dei siti a rischio, mancano gli impianti per lo smaltimento post bonifica e l’Indian Minerals Yearbook 2012, pubblicato nel 2014, traccia un quadro preoccupante: l’Italia è tra i maggiori importatori d’amianto indiano e altri rapporti dipingono il nostro Paese come il secondo importatore dagli Usa. Fuori dai confini nazionali le notizie non sono migliori: l’amianto viene ancora ampiamente utilizzato in paesi in via di sviluppo, come Messico e Brasile, dove si è costantemente alla ricerca di materiale edilizio a basso costo. La questione è, quindi, lungi dall’essere risolta o meglio dal volerlo essere. 

Francesco Spiedo

Fonte: https://www.liberopensiero.eu/2017/07/17/microwaste-ecologica-amianto/

Domande pensione inabilità esposizione amianto origine professionale, Inps

ROMA – Pensione inabilità per esposizione professionale ad amianto. Con messaggio 3249 del 4 agosto 2017 Inps ha fornito indicazioni sulle procedure per la presentazione delle domande in merito alla pensione introdotta dalla Legge 11 dicembre 2016, n. 232 articolo 1, comma 250, e dal Decreto attuativo 18 luglio 2017.

Come previsto dal citato decreto le domande per il 2017 dovranno essere presentate entro il 16 settembre 2017. Le procedure istituite da Inps riguardano sia l’invio della richiesta sia la verifica del requisito precedente l’invio.

“La procedura telematica per la trasmissione delle domande è stata aggiornata con i nuovi prodotti WebDom creati per l’invio della domanda di verifica del requisito e per la domanda di pensione di inabilità:

“Verifica del requisito a pensione di inabilità Art. 1, c. 250, legge 232/2016.
Gruppo: 0007 – Certificazione.
Sottogruppo: 0062 – Diritto a pensione.
Tipo: 0168 – Inabilità Art. 1, c. 250, legge 232/2016.

“Pensione di Inabilità articolo 1 comma 250 legge 232/2016”.
Gruppo: 0002 – Inabilità/Invalidità.
Sottogruppo: 0012 – Pensione di Inabilità.
Tipo: 0168 – Inabilità Art. 1, c. 250, legge 232/2016”.

Per le operazioni sarà possibile rivolgersi a un patronato. La prestazione sarà erogata in base ai limiti annuali di spesa disponibili e su monitoraggio delle domande.

Info: Inps messaggio 3249 del 4 agosto 2017

Fonte: http://www.quotidianosicurezza.it/approfondimenti/amianto-lotta/inps-domanda-pensione-inabilita-amianto.htm

Amianto, verso il nuovo Piano della Regione Emilia-Romagna

Un nuovo Piano Amianto della Regione Emilia-Romagna (PARER). Per consolidare e migliorare quanto è già stato fatto finora con il precedente e sviluppare nuove azioni, secondo un approccio trasversale fra ambiente, salute e lavoro. Se ne discute oggi, nella Giornata mondiale dedicata alle Vittime dell’Amianto, in occasione della Conferenza regionale Amianto, organizzata dalla Regione in collaborazione con Cgil, Cisl e Uil Emilia-Romagna. Presenti all’incontro gli assessori Sergio Venturi (Politiche per la Salute) e Paola Gazzolo (Difesa del suolo e della costa, Protezione civile e Politiche ambientali e della montagna), le conclusioni affidate al presidente della Regione, Stefano Bonaccini.

Il nuovo Piano Amianto, in sintesi

Tra gli obiettivi del nuovo Piano Amianto, frutto di un lungo confronto e in fase ormai di ultimazione, e che rientra nel più ampio Piano regionale della Prevenzione 2015-2018, c’è l’ulteriore consolidamento della sorveglianza epidemiologica e sanitaria, della conoscenza sulle attuali esposizioni all’amianto e il miglioramento della tutela della salute e della qualità degli ambienti di vita e di lavoro in relazione al rischio. Tra le azioni previste, la “sistematizzazione” di archivi regionali informatizzati dei lavoratori esposti ed ex esposti, il miglioramento dei processi di acquisizione delle informazioni sulla diffusione di amianto nelle condotte degli acquedotti, il consolidamento della capacità d’analisi dei laboratori.

Per effettuare le bonifiche e i controlli secondo criteri di priorità, in raccordo con gli altri enti coinvolti, il Piano vuole approfondire le più efficaci modalità di mappatura e promuovere procedure semplificate fra i diversi enti pubblici per gestire le segnalazioni per presenza di amianto. Non solo: si punta a favorire procedure semplificate per la rimozione e lo smaltimento di piccole quantità di amianto in matrice compatta da parte dei privati cittadini; attualmente questa tipologia di raccolta è già presente circa nell’80% dei Comuni e gratuita nel 50%.  Per tutelare ancora di più i lavoratori che sono esposti – o che sono stati esposti – all’amianto, il Piano prevede la costruzione di un programma regionale di assistenza, informativa e sanitaria, dedicata ai lavoratori nei Dipartimenti di Sanità Pubblica delle Aziende Usl, e l’istituzione di una rete regionale per la presa in carico dei pazienti affetti da mesotelioma pleurico. Il Piano, inoltre, vuole migliorare la qualità della cura di questi pazienti attraverso la messa a punto di un modello che consenta la presa in carico globale, in grado di fornire la migliore assistenza sia in ospedale che sul territorio.

Per quanto riguarda, invece, il tema dei rifiuti, allo stato attuale una parte consistente di materiali con amianto viene conferita in impianti di smaltimento all’estero, soprattutto in Germania, con costi considerevoli, dovuti anche all’alta incidenza del trasporto. Solo il 6% dei rifiuti contenenti amianto (RCA) prodotti in Emilia-Romagna viene conferito nelle discariche regionali (2 quelle idonee). Alla luce del Piano nazionale Amianto e della necessità di tendere a una autosufficienza territoriale, il nuovo Piano regionale pone quindi l’esigenza di individuare, da parte delle amministrazioni, aree idonee per localizzare discariche per rifiuti che contengono amianto e percorsi finalizzati alla realizzazione di impianti di smaltimento regionali.

Cosa ha fatto la Regione

Negli ultimi 10 anni, la Regione (assessorato alle Politiche ambientali) ha destinato oltre 18 milioni di euro di contributi a pubblici e privati (aziende) per la bonifica. Di questi, 2,7 milioni sono serviti per effettuare rimozioni d’amianto in 20 scuole già mappate dalla Sanità col Piano del 1996, oltre ad altre 52 scuole extra mappatura. Sul totale, 7 milioni sono stati stanziati all’inizio di questa legislatura per gli interventi nelle imprese. Inoltre, in seguito al terremoto del 2012, sono state rimosse e smaltite 6.500 tonnellate di macerie contenenti amianto, con una spesa complessiva di 3,2 milioni di euro.

Da sempre la Regione ha mostrato una particolare attenzione alla protezione dai rischi legati alla presenza di amianto. Nel 1992, con un’apposita legge (la n. 257), l’Italia mette al bando tutti i prodotti con amianto, vietando l’estrazione, l’importazione, l’esportazione, la commercializzazione e la produzione del minerale, in quanto cancerogeno, secondo un programma di dismissione il cui termine ultimo è fissato all’aprile 1994. Già due anni dopo (era il 1996) l’Emilia-Romagna ha approvato il primo Piano Amianto e istituito – prima Regione in Italia – il Registro Mesoteliomi (ReM) regionale.

Fonte: http://www.regione.emilia-romagna.it/notizie/2017/aprile/amianto-verso-il-nuovo-piano-della-regione-emilia-romagna

Ona: «Di amianto si morirà per altri 130 anni, bonifiche non finiranno prima del 2102»

E in Italia già oggi non esistono le discariche indispensabili per gestire i rifiuti post-bonifica

amianto-eternit-ecovers-coperture-civili-ed-industrialiNonostante in Italia la vendita di amianto si vietata sin dal 1992, le malattie asbesto correlate continuano a crescere sul territorio. Secondo i nuovi dati epidemiologici diffusi dall’Osservatorio nazionale amianto (Ona) il trend dei mesoteliomi è in continuo aumento, con 1800 casi del 2015 e 1900 nel 2016 (a fronte dei 20.629 casi per il periodo 1993-2011).

Questo perché le importazioni italiane di amianto grezzo sono state superiori a 50mila tonnellate/anno fino al 1991, e il periodo di più intenso utilizzo e di più elevata esposizione all’amianto in Italia è quello dal 1960 al 1985: tenendo conto dei tempi di latenza, il presumibile picco delle patologie asbesto-correlate, ed in particolare dei mesoteliomi, si verificherà tra il 2020 ed il 2030.

«Di amianto si continua e purtroppo si continuerà a morire per i prossimi 130 anni – dichiara amaramente Ezio Bonanni, presidente Ona – considerando che, anche con le più rosee aspettative, le bonifiche non finiranno prima di 85 anni. Ecco perché occorre bonificare al più presto i 40.000.000 di tonnellate contenenti amianto che sono disseminate nell’intero nostro territorio nazionale».

Come ricorda infatti l’Ona durante la conferenza “Italia: la Repubblica dell’amianto”, le quantità di amianto e di materiali contenenti amianto sono pari a circa 40 milioni di tonnellate (32 secondo le stime CNR-Inail), di cui 34 milioni a matrice compatta e circa 6 milioni in matrice friabile, con circa 50mila siti e 1 milione di micrositi: più di 3milioni sono stati i lavoratori esposti all’amianto nel corso dei decenni ed ancora oggi ci sono centinaia di migliaia di cittadini esposti e quindi il rischio di contrarre patologie asbesto-correlate non può dirsi circoscritto.

«Anche le scuole sono imbottite di amianto: 2.400 in Italia per fermarci a quelle che abbiamo censito, ma temiamo che siano di più», insiste Bonanni. Il mesotelioma presuppone sempre l’esposizione ad amianto, salvo rari casi, ed è di origine professionale per il 90% dei casi per gli uomini e in circa il 50% per le donne: i dati elaborati dall’Ona permettono la ripartizione dei casi di mesotelioma nei diversi comparti, tra i quali spiccano quello edile per il 15,2%; quello dell’industria metalmeccanica, più dell’8,3%; quello dell’industria tessile, per più del 7%; quello della cantieristica navale per circa il 7%, quello della Difesa con il 4,1% o il settore dei rotabili ferroviari, con 505 casi censiti al 2011.

Il risultato è che, oggi, solo in Italia sono più di 6.000 coloro che perdono la vita ogni anno per malattie amianto correlate (mesotelioma pleurico, alla tunica vaginale del testicolo, al pericardio e al peritoneo; cancro ai polmoni, alla faringe, alla laringe, allo stomaco, al fegato, all’esofago, al colon e al retto, alle ovaie, etc., e per patologie fibrotiche, tra le quali asbestosi, placche pleuriche e ispessimenti pleurici e loro complicanze cardiocircolatorie), cui si aggiungono decine di migliaia di nuovi malati.

Un’emergenza, dunque, che non è soltanto sanitaria e giudiziaria, ma anche sociale ed economica. Un’emergenza cui sapremmo come rispondere, ma per la quale le azioni a contrasto latitano ormai da decenni. L’Ona ribadisce dunque le proprie proposte: «Mappatura e bonifica (la prevenzione primaria per evitare ogni forma di ulteriore esposizione quale unico strumento effettivamente efficace anche per debellare complessivamente questo tipo di patologie), ricerca scientifica e sorveglianza sanitaria (per ottenere la diagnosi precoce e le cure migliori) e l’assistenza ai cittadini, ai lavoratori malati e ai loro familiari, oltre al risarcimento dei danni e alla punizione dei colpevoli».

Nel computo non viene però esplicitato uno dei temi cruciali nella lotta all’amianto in Italia, ovvero la tragica mancanza di discariche sul territorio indispensabili per gestire in sicurezza l’amianto una volta effettuate le bonifiche. Come osserva il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, infatti, ad oggi sull’intero territorio nazionale sono presenti appena 22 discariche con celle ad hoc per l’amianto: ecco perché su 340mila tonnellate di rifiuti contenenti amianto prodotte nel 2014, 156mila sono state quelle esportate in Germania. Un trasporto dai costi enormi, ambientalmente rischioso e contrario ai principi di prossimità e sostenibilità.

«Uno dei principali problemi è che mancano le discariche – dichiarano al proposito dal ministero dell’Ambiente – a volte i monitoraggi non vengono effettuati perché poi nasce il problema di dove poter smaltire l’amianto». Un paradosso crudele: mentre l’amianto continua a fare 6mila morti l’anno, a fare più paura di questo pericolo disperso ovunque è spesso la presenza di una discarica gestita a norma di legge, l’unico argine possibile all’avanzata del killer silenzioso.

Fonte: http://www.greenreport.it/news/rifiuti-e-bonifiche/ona-amianto-si-morira-altri-130-anni-bonifiche-non-finiranno-85-anni/

Italia, la ‘Repubblica dell’amianto’: “Picco di mesoteliomi tra il 2020 ed il 2030”

amianto-isochimica-ecovers-coperture-civili-ed-industriali“Di amianto si continua, e purtroppo, si continuerà a morire per i prossimi 130 anni, considerando che, anche con le più rosee aspettative, le bonifiche non finiranno prima di 85 anni. Ecco perché occorre bonificare al più presto i 40 milioni di tonnellate contenenti amianto che sono disseminate nell’intero nostro territorio nazionale”, dichiara l’avvocato Ezio Bonanni, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto.

I nuovi dati epidemiologici diffusi dall’ONA nel dossier “Italia: la Repubblica dell’Amianto” confermano che questo killer provoca ogni anno non meno di seimila morti per mesotelioma, cancro ai polmoni, alla faringe, alla laringe, allo stomaco, al fegato, all’esofago, al colon, al retto e alle ovaie, per non parlare dell’asbestosi con le sue complicazioni cardiocircolatorie, e questo per fermarci alle sole malattie per le quali c’è totale unanimità scientifica. “Anche le scuole sono imbottite di amianto – insiste l’avvocato Ezio Bonanni – 2400 in Italia, censite dall’ONA, per fermarci a quelle che abbiamo censito, ma temiamo che siano di più: e che cosa fanno le istituzioni, e i cittadini? Ecco perché abbiamo creato i nostri Dipartimenti, attraverso i quali forniamo assistenza medica e legale, naturalmente in piena sussidiarietà con le strutture pubbliche”.

Morire di amianto: il caso di Taranto

Solo in Italia sono più di seimila coloro che perdono la vita ogni anno per malattie correlate all’amianto, cui si aggiungono decine di migliaia di nuovi malati. L’emergenza, dunque, non è soltanto sanitaria e giudiziaria, ma è anche sociale ed economica, perché tali patologie sono molto invalidanti e determinano una necessità di assistenza, terapie e cure. E perché morti cruente come quelle che provoca l’amianto sconvolgono intere famiglie e spesso intere comunità anche dopo il decesso. L’Osservatorio Nazionale Amianto cita il caso di Taranto: “L’utilizzo scriteriato di materiali di amianto, in assenza di misure di prevenzione e protezione, determina la malattia e la morte di interi gruppi di lavoratori. E’ sufficiente fare un raffronto sull’indice di mortalità del reparto fonderia dell’Ilva di Taranto con il personale impiegatizio, esposto solo in via indiretta, per dimostrare che c’è un’incidenza di cancro superiore del 50%, e del 400% dei cancri di amianto in chi lavora in fonderia. Se poi si paragona chi lavora come impiegato nell’Ilva di Taranto alla popolazione di Taranto, l’indice di mortalità è comunque superiore al resto della popolazione della città e a sua volta l’indice sulla popolazione di Taranto è comunque superiore a quello di ogni altra città. Per quanto riguarda la sola città di Taranto, la spesa sanitaria per curare i cittadini e lavoratori dalle patologie provocate dalle esposizioni e dall’inquinamento dell’Ilva di Taranto è pari a circa 4.000.000.000 di euro, a cui si aggiungono le altre spese. L’amianto non è stato quindi un business. Forse lo è stato solo per Stephan Ernest Schmidheiny e per coloro che hanno fatto parte della sua corte qui in Italia. Più di 3milioni sono stati i lavoratori esposti all’amianto nel corso dei decenni ed ancora oggi ci sono centinaia di migliaia di cittadini esposti e quindi il rischio di contrarre patologie asbesto-correlate non può dirsi circoscritto”.

Cosa fa la politica e le e proposte dell’ONA

La legge che in Italia mette al bando l’amianto c’è e a marzo 2017 ha compiuto 25 anni. Dal 27 marzo 1992 l’Italia ha una norma all’avanguardia che ha messo al bando l’amianto fermandone la commercializzazione. Peccato che nei fatti, per il mancato obbligo di rimozione, per la situazione caotica di centinaia di codici e leggi che regolamentano il monitoraggio, per mappature incomplete o inesistenti dei siti a rischio, per mancanza di fondi per le bonifiche e le discariche specializzate, la “257” sull’amianto rimane una bella legge che non viene pienamente applicata. Per dirne una: le Regioni hanno l’obbligo di trasmettere al Ministero dell’Ambiente i dati relativi alla presenza di amianto sul territorio entro il 30 giugno di ogni anno. Ad oggi i dati delle Regioni risultano molto incompleti e non omogenei. Cosa propone l’Osservatorio Nazionale Amianto? Mappatura e bonifica (la prevenzione primaria per evitare ogni forma di ulteriore esposizione quale unico strumento effettivamente efficace anche per debellare complessivamente questo tipo di patologie), ricerca scientifica e sorveglianza sanitaria (per ottenere la diagnosi precoce e le cure migliori) e l’assistenza ai lavoratori malati e loro familiari, oltre al risarcimento dei danni e alla punizione dei colpevoli.

I nuovi dati raccolti dall’Osservatorio Nazionale Amianto

Il trend del numero dei nuovi casi di mesotelioma si presenta in Italia in costante aumento, e ciò lo sarà anche per gli anni successivi. L’ONA aveva già a suo tempo censito 20629 casi per il periodo 1993-2011 (tenendo presenti anche i dati del V Rapporto Mesoteliomi), poi occorre tener conto dei casi successivi. L’associazione ha riscontrato un continuo aumento di segnalazioni di casi di mesotelioma e di altre patologie asbesto-correlate. L’associazione ha istituto il Dipartimento Ricerca e Cura del Mesotelioma e la piattaforma digitale Ona Repac-Registro delle Patologie Asbesto Correlate, attraverso i quali sono state raccolte tutte le segnalazioni dei nuovi casi di mesotelioma. Nel portale Ona Repac-Registro delle Patologie Asbesto Correlate risulta consultabile la mappa interattiva, nella quale risultano centinaia di nuovi casi solo negli ultimi 30 giorni. L’Osservatorio Nazionale sull’Amianto, grazie alle segnalazioni ricevute, alle rilevazioni delle sedi territoriali e del gruppo di lavoro del Dipartimento Ricerca e Cura del Mesotelioma, e all’incrocio di tutti i dati, ha formulato una stima di 3700 mesoteliomi per il periodo dal 1 gennaio 2015 al 31 dicembre 2016.

Negli uomini il 40% dei casi si è manifestato tra i 65 ed i 74 anni, mentre invece il 40% dei casi femminili concentra la manifestazione del mesotelioma nella fascia di età compresa fra i 75 ed gli 84 anni e ciò perché si presume che le esposizioni femminili siano state di minore intensità e quindi con maggiori tempi di latenza. Il mesotelioma presuppone sempre l’esposizione ad amianto, salvo rari casi, ed è di origine professionale per il 90% dei casi per gli uomini e in circa il 50% per le donne, mentre per il resto l’esposizione è ignota e tuttavia non è da escludere che ci siano dei settori nei quali le esposizioni di amianto, nonostante non siano conosciute, si siano comunque verificate. I dati elaborati dall’Ona permettono la ripartizione dei casi di mesotelioma nei diversi comparti, tra i quali spiccano quello edile per il 15,2%; quello dell’industria metalmeccanica, più dell’8,3%; quello dell’industria tessile, per più del 7%; quello della cantieristica navale per circa il 7%. Questi ultimi settori con un limitato numero di lavoratori, ad eccezione del settore edile e della metalmeccanica. Il comparto Difesa, con più di 620 casi, censiti al 2012, rappresenta il 4,1% del totale dei mesoteliomi insorti in seguito alle esposizioni professionali, ed è preoccupante anche il numero dei casi di mesotelioma registrati nel settore della scuola (63, al 2011, con il censimento di almeno altri 20 nuovi casi fino al 2016, per un totale che si stima superiore agli 80 casi), che sono quindi la punta dell’iceberg, che certificano l’inadempimento prima di tutto dello Stato. Così, nel settore dei rotabili ferroviari, fino al 2011 sono stati censiti 505 casi solo di mesotelioma e negli anni a seguire si stima che i nuovi casi per i successivi 5 anni (e quindi fino al 2016), siano saliti a 650.

Le novità sulla terapia del mesotelioma

Per calcolare l’impatto dell’esposizione all’amianto sulla popolazione è opportuno però tenere conto anche delle altre patologie riconducibili all’asbesto. In primis, scrive l’ONA, i decessi per tumore al polmone, non sono inferiori a 3500 l’anno, a cui devono essere sommati i tumori della laringe, delle alte vie aeree, i tumori del tratto gastrointestinale, e quelli dell’ovaio, e altri rispetto ai quali vi sono ancora pochi studi, come i tumori biliari e ai reni. Poi vi sono poi le patologie fibrotiche come le placche pleuriche e gli ispessimenti pleurici e asbestosi, e le complicazioni cardiache e cardiocircolatorie. Ci sono importanti novità sulla terapia del mesotelioma, come spiega il professor Luciano Mutti, titolare della Cattedra di Oncologia Medica e Ricerca Oncologica della Facoltà di Medicina presso l’Università Salfor di Manchester. “Non ci sono dubbi che negli ultimi anni nuovi approcci terapeutici sono stati presi in considerazione per il trattamento del mesotelioma. Tra i fattori che influenzano l’efficacia dei nuovi agenti terapeutici e rendono questo tumore così unico e letale è l’esistenza di un complesso ed alterato microambiente. La “miglior” attuale opzione terapeutica permette di allungare la sopravvivenza di solo 2.7 mesi, e si basa su uno studio pubblicato dal nostro gruppo ben 16 anni fa. Quindi, dovremmo soffermarci a riflettere sul perché non sono ancora stati raggiunti significativi passi avanti dal punto di vista terapeutico. Sulla base della nostra esperienza di ricerca è molto più accurato basarsi sullo studio della biologia del tumore, soffermandosi sullo studio della genetica, dei processi cellulari e delle funzioni che rendono peculiari questo tumore in organismi modello, in linee cellulari prelevate dal paziente o utilizzando sistemi cellulari in 3D, favorendo il nostro impatto clinico. Il nostro scopo dovrebbe essere quello di estendere la sopravvivenza globale di più di tre mesi per il trattamento del mesotelioma. L’approccio genetico per trattare il mesotelioma è attualmente in discussione e valutato poiché è considerato controverso dovuto al basso numero di mutazioni presenti nel mesotelioma. Noi crediamo che soltanto un più integrato ed equilibrato approccio permetterà di andare avanti e raggiungere significativi risultati clinici. Questi incoraggianti piccoli passi sono stati effettuati senza il coinvolgimento di case farmaceutiche ma grazie alla rete di collaborazioni che stanno permettendo di trovare punti deboli di questo incurabile tumore”.

Come segnalare i casi di mesotelioma

L’Osservatorio Nazionale sull’Amianto – ONA Onlus ha deciso di dotarsi di uno strumento che permetterà la raccolta e la sintesi dei dati sull’impatto delle patologie asbesto correlate, sempre più capillare e aperto anche al contributo dei cittadini. Per questo scopo è stato costituito il Centro di Controllo delle Malattie Asbesto Correlate (C.C.M.A.C.) che con la realizzazione dell’applicativo e della piattaforma web (con il sito https://www.onanotiziarioamianto.it/wp/ona/onarepac/) consentirà la gestione dei dati di incidenza delle patologie asbesto correlate che saranno raccolti nelle diverse sedi territoriali, con la possibilità dei cittadini e delle istituzioni di segnalare, anche in forma anonima, i casi di mesotelioma e di altre patologie asbesto correlate. Parallelamente prosegue l’attività del Dipartimento bonifica e decontaminazione dei siti ambientali e lavorativi, che permette ai cittadini di segnalare la presenza di amianto su territorio. Uno strumento che contribuisce alla mappatura avviata dalla Guardia Nazionale Amianto al fine di richiedere la  bonifica dei siti contaminati e la collaborazione delle istituzioni locali nello spirito di sussidiarietà proprio dell’Associazione. In un anno e mezzo di attività le segnalazioni pervenute al portale sono 852, di cui 619 in forma anonima e 233 mediante registrazione nominale.

“Il picco di mesoteliomi si verificherà tra il 2020 ed il 2030”

Il mesotelioma può manifestarsi anche a distanza di 40-50 anni dalla prima esposizione alle polveri e fibre di amianto. Poiché il periodo di più intenso utilizzo e di più elevata esposizione è quello dal 1960 al 1985, e tenendo conto dei tempi di latenza, secondo l’Osservatorio il presumibile picco delle patologie asbesto-correlate, ed in particolare dei mesoteliomi, si verificherà tra il 2020 ed il 2030. Tant’è vero che il trend dei mesoteliomi è in continuo aumento, con 1800 casi del 2015 e 1900 nel 2016. “Le importazioni italiane di amianto grezzo sono state sempre superiori a 50mila tonnellate/anno fino al 1991 e ci sono stati casi di importazione anche nei tempi più recenti”, come denunciato dall’ONA e come confermato anche dal Governo.

Tutte condizioni che, nella totale assenza di validi strumenti di prevenzione primaria e di efficace prevenzione tecnica, hanno innescato una vera e propria epidemia di patologie asbesto-correlate, con un trend in aumento dei casi di mesotelioma, che sono stati stimati in 1800 per il 2015 e 1900 per il 2016. Se si tiene conto che soltanto il 5% dei malati di mesotelioma sopravvive ai 5 anni, l’impatto per il solo mesotelioma è pari a 1800 decessi per il 2016. Poiché i decessi per tumore polmonare da amianto sono almeno il doppio dei casi di mesotelioma, vi è un’ulteriore incidenza di circa 3500 decessi (stima prudenziale a ribasso), e complessivamente 5300 decessi solo per queste due patologie e, tenendo conto di tutte le altre, il conteggio finale di circa seimila decessi l’anno è stata formulata in via prudenziale dall’associazione perché si teme che i casi siano maggiori.

Fonte: http://www.today.it/cronaca/rapporto-amianto-2017-osservatorio-nazionale.html